La Vara di Messina e gli autos sacramentales, punto di unione tra Sicilia e Spagna

Introduzione

Il folklore dei popoli, nel corso della storia, ha trasformato e reso tradizione ciò che inizialmente era semplice celebrazione. È il caso della Vara, una macchina liturgica tra i simboli principali della città di Messina, le cui caratteristiche sono esempio lampante delle influenze culturali reciproche avvenute tra Sicilia e Spagna durante il periodo di dominio di quest’ultima sull’isola1.

Il punto di partenza di questo studio è la forte somiglianza che si può riscontrare tra i grabados  (i disegni) degli autos sacramentales del Siglo de Oro e l’aspetto che la machina messinese presenta ancora oggi.

Figura 1: Illustrazione di Josef Caudí: Carro per le feste dell’Immacolata (Valencia 1663; Cervantes Virtual).
Figura 2: Sfilata della Vara (Gazzetta del Sud 2019).

Gli autos sacramentales

Gli autos sacramentales spagnoli, letteralmente, in italiano, atti sacri, erano delle brevi rappresentazioni teatrali religiose caratterizzate dalla presenza essenziale dell’Eucaristia, in forma di allegoria, e della sua esaltazione (Arellano 1995). Gli autos sacramentales si originano dagli Autos viejos, una raccolta cinquecentesca costituita da novantasei composizioni, per lo più anonime, di argomento biblico, agiografico o allegorico. La consuetudine di rappresentare gli. autos durante le feste del Corpus Domini dette origine al genere dell’auto sacramental.

Anche se non esistono documenti che indichino l’effettiva nascita del genere, queste rappresentazioni furono fortemente incrementate per volere della Chiesa a metà Cinquecento, durante il periodo di Controriforma, con il fine di evangelizzare. Anche la Corona contribuiva economicamente alla messa in scena degli autos, dato che necessitava di un costante sostegno da parte del proprio popolo, sia a livello ideologico che militare, con nuovi arruolamenti nell’esercito. Per questo, oltre alle dottrine cristiane, nei testi erano spesso presenti anche dei dialoghi che appoggiavano apertamene i reali spagnoli (Ruiz 2013).

Nel XVII secolo gli autos conobbero il lor periodo di massimo splendore e diffusione; le rappresentazioni avvenivano su delle macchine mobili che sfilavano tra la gente durante feste liturgiche come quella del Corpus Domini, ma in alcuni casi poteva anche staccarsi dal contesto delle celebrazioni del Corpus per acquistare carattere autonomo e proprio. Le enormi macchine suscitavano stupore nel pubblico e divennero un elemento essenziale delle feste barocche, se non letteralmente il loro fulcro. Erano trainate da buoi e composte da un palcoscenico su cui recitavano gli attori, al quale erano attaccati due carri sul lato posteriore, che fungevano da scenografia. Queste rappresentazioni giunsero a un alto livello di perfezione formale e sofisticazione scenografica nella seconda metà del Seicento, grazie al drammaturgo Calderón de la Barca, il quale, con le sue opere, seppe coniugare perfettamente testi, allegorie e musiche. L’autore arricchì, inoltre, le scenografie aggiungendo altri due carri ai lati del palcoscenico (Ruano de la Haza 1996).

Figura 3: Carro per la festa del Corpus Domini (Archivio de Villa, Madrid 1646; in Mínguez 2016).

La Vara: la “Legenda Aurea” e il suo aspetto attuale

La Vara di Messina è una macchina liturgica di forma piramidale che rappresenta l’Assunzione in cielo di Maria Vergine. Ogni anno, il 15 di agosto, il carro viene trainato per la città da seicento tiratori, tutti fortemente devoti alla Madonna.

Figura 4: Tiratori della Vara (Gazzetta del Sud 2019).

È curioso sapere che, per quanto l’Assunzione di Maria sia sempre stata parte della cultura cattolica, nessun testo biblico ne parli esplicitamente e l’evento sia stato definito dogma ecclesiastico solo nel 1950 da Papa Pio XII (Angemi 2009). Difatti, la Vara è una rappresentazione plastica della Legenda Aurea, scritta nel XIII secolo dal frate domenicano Jacobo da Voragine, ispirandosi a dei testi apocrifi del III e IV secolo. Secondo la Legenda, un angelo si presentò alla Vergine qualche giorno prima della sua morte per annunciargliela. Maria espresse, dunque, il desiderio di rivedere i dodici Apostoli, sparsi per il mondo a predicare, e questi furono condotti da lei avvolti da una nuvola bianca. Sempre secondo il testo, al momento della morte, la sua anima fu condotta in cielo da Gesù, mentre il suo corpo rimase sulla Terra per tre giorni in uno stato di dormitio, cioè una morte terrena in attesa di resurrezione.

Sulla Vara è riportata esattamente la scena dell’Assunzione e per questo la Vergine è rappresentata due volte. La sua anima, detta Alma Maria, si trova in cima alla machina, condotta in cielo dal figlio, mentre il suo corpo dormiente giace nella parte bassa in un’urna di cristallo. Il resto del carro è avvolto da nuvole, su cui si trovano angeli e Apostoli. Nelle parti anteriore e posteriore, a metà altezza ruotano due dischi che rappresentano il Sole e la Luna. Un altro elemento astronomico presente è la Terra, posta sotto ai piedi di Cristo (Angemi 2009).

Vara e Autos: temi e punti in comune

Considerando che l’evento rappresentato sulla Vara, con tanto di dettagli, non è attestato nelle Sacre Scritture, risulta più che naturale chiedersi perché la Chiesa appoggi una manifestazione di questo genere. La risposta sta nel fatto che per la Chiesa, in questo caso, è più importante la sostanza che la forma. Lo stesso può dirsi degli autos sacramentales spagnoli, dato che anch’essi, nel Seicento, non riportavano temi esplicitamente biblici, bensì mitologici, storici o pagani, interpretati in chiave cristologica grazie alla trasfigurazione allegorica. Questa tecnica, di ispirazione gesuita, permetteva alla Chiesa di contrastare i suoi due principali rivali che stavano portando molti ad allontanarsi dal cattolicesimo, ovvero la riforma protestante e la cultura rinascimentale. Quest’ultima, in particolare, stava riavvicinando le persone al paganesimo (Páramo Pomareda 1957). Le classi basse e analfabete non capivano la filosofia, ma erano molto legate al misticismo e ai loro culti tradizionali (Nongués Bruno 2012). Esaltare, quindi, la cristianità con un evento folkloristico e attraverso il mito ebbe, il potere di attirare l’attenzione di tutti e non solo di chi già era credente, soprattutto in quel contesto. Come già accennato, un metodo analogo veniva applicato dai Gesuiti, ai quali, di fatto, la Chiesa si affidò durante la Controriforma. La compagnia, alludendo a San Paolo e a Sant’Agostino, sosteneva che la luce divina fosse stata presente in ogni epoca ancor prima della venuta di Cristo, rivelandosi sotto forma di altre verità. Nei miti classici, infatti, erano spesso presenti temi come la lotta fra bene e male, l’esaltazione del bene o la redenzione. L’eroe mitologico Orfeo, per esempio, fu paragonato a un profeta di Cristo dallo stesso Sant’Agostino (Páramo Pomareda 1957).

Così come gli autos, anche la Vara fu uno strumento usato dalla Chiesa per contrastare i nuovi studi scientifici. Basti pensare che il carro, ricostruito più volte nel corso della storia, in tutte le sue versioni, compresa quella attuale, riporta una rappresentazione pratica della teoria tolemaica con il Sole e la Luna che ruotano attorno alla Terra, ferma sotto ai piedi di Cristo. Com’è noto, però, questa concezione fu scientificamente superata con l’avvento della teoria copernicana, diffusa nella prima metà del Cinquecento. Ciononostante, la Chiesa si oppose fermamente a Copernico, dato che la sua visione del mondo non combaciava con ciò che presupponeva il culto cristiano. In quel contesto, la Vara ebbe un ruolo cruciale. A seguito della visita a Messina nel 1535 del re di Spagna Carlo V, infatti, la machina ottenne un notevole prestigio a livello europeo e, per mezzo del suo aspetto, continuò a supportare e a diffondere le teorie di Tolomeo (Giorgianni 1995).

La visita di Carlo V e l’antico aspetto della Vara

Per quanto riguarda la visita del sovrano, è opportuno fare qualche approfondimento. La cronaca di questo evento, infatti, risulta essere la prima attestazione della Vara definita come carro trionfale e, non esistendo documenti precedenti che ne provino la nascita, alcuni studiosi ritengono che sia stata creata per l’occasione. Secondo altri, invece, il carro non fu creato ex novo, ma solo modificato in quella circostanza, ponendo al posto di Gesù e Maria due giovani che impersonassero Carlo V e la vittoria. Di fatto, basandosi sulla storia di Messina, si scopre che già nel XIII secolo, a seguito di alcuni miracoli ricevuti, la città aveva iniziato a celebrare la Vergine con delle macchine votive e, tra queste, ve ne era una che rappresentava un lettino con il corpo di Maria durante la sua dormitio, chiamata già allora vara (Angemi 2009). In ogni caso, Carlo V fece visita a Messina per legittimare il suo potere sulla città, da poco parte del suo regno, e scelse la Vara come mezzo per farlo, in quanto simbolo per la città stessa e oggetto di venerazione da parte del popolo.

Come precedentemente accennato, le celebrazioni in occasione della visita del re e la cronaca che ne venne redatta diedero alla Vara grande fama a livello internazionale, attirando turisti da tutta Europa. Non avendo illustrazioni di come dovesse essere la Vara nel 1535, è possibile basarsi solo su quel resoconto per provare a farne delle ricostruzioni. La prima rappresentazione grafica, infatti, è del 1644 e fu eseguita dal gesuita Placido Samperi in un testo in cui illustrava la machina, i suoi movimenti e la celebrazione in generale. Nel suo resoconto descrisse la Vara come un’opera di grande ingegno, che ingannava l’occhio di chi guardava, facendogli credere che i corpi dei centocinquanta figuranti2, per la maggior parte bambini, fossero sospesi in aria. I personaggi che agivano su di essa, divisi per ruoli tra profeti, patriarchi e angeli di varie gerarchie, cantavano e inneggiavano a Dio e alla Vergine, rendendo la Vara un vero e proprio teatro mobile (Todesco 1991). Sulla cima, già al tempo, si trovavano il globo terrestre con sopra Gesù e Maria, i quali recitavano delle preghiere durante le soste, invocando la protezione divina sulla città di Messina. Alla ragazza che interpretava l’Alma Maria era, inoltre, data la facoltà di benedire la popolazione (Angemi 2009).

Figura 5: Illustrazione di Samperi (Archivio storico comunale 1644; in Angemi 2009).

Alla descrizione e illustrazione di Samperi ne seguirono molte altre, come quella del francese Houel della fine del XVIII secolo. Come è possibile notare dall’immagine in Figura 6, al tempo l’aspetto della Vara era molto simile a una piramide umana e si avvicinava a quello dei castells in Catalogna, una tradizione ancora vigente che nacque proprio in quel periodo. Questa corrispondenza è una delle tante riprove del fatto che ci fossero delle contaminazioni reciproche tra le due culture.

Figura 6: Illustrazione di Houel (Parigi 1781-1786; in Angemi 2009).

Vara o Bara?

Lo studio della Vara si presta, infine, ad affrontare un’ulteriore correlazione tra Sicilia e Spagna, questa volta sul piano linguistico. In molti documenti storici riguardanti la machina, infatti, è possibile ritrovare sia la dicitura vara che bara.

Figure 7 e 8: Litografie con dicitura “Bara” (Palermo 1836, Messina 1933; in Todesco 1991).

L’uso di una duplice grafia è rimasto per molti secoli per due ragioni principali, una etimologica e l’altra fonetica. Dal punto di vista etimologico, è utile sapere che la parola bara ha assunto l’accezione di cassa da morto solo a partire dall’Ottocento, mentre, prima, indicava un lettino portato a spalla3, così come attestato già nel Declarus, dizionario di siciliano del 1348. È curioso sapere che, nello stesso periodo, anche il termine vara aveva lo stesso significato, ma con un’ulteriore accezione di protezione, data la sua radice etimologica diversa. In latino, infatti, una vara era un carro d’assedio in legno, all’interno del quale i soldati che lo guidavano erano nascosti e protetti da eventuali attacchi esterni. Nel corso della storia, poi, il termine arrivò in siciliano antico a indicare un lettino portato a spalla circondato da cortine che proteggevano, al suo interno, il corpo di una persona nobile, inferma o defunta. Proprio per questa ragione, tornando a quanto detto precedentemente, il primo carro dedicato alla dormitio della Vergine era chiamato vara (Giorgianni 1995).

Dal punto di vista fonetico, invece, due secoli di dominazione spagnola in Sicilia hanno provocato dei cambiamenti sia lessicali4 che fonetici, nella pronuncia di alcuni suoni. Così come avviene in spagnolo, infatti, in siciliano i suoni /v/ e /b/ vengono ancora oggi pronunciati unicamente come /β/, soprattutto se a inizio parola (Angemi 2009).

In sostanza, data la somiglianza di significato tra i termini vara e bara e l’intercambiabilità tra i suoni /v/ e /b/, è facilmente comprensibile che questi siano stati assimilati come un termine unico e che la Vara venisse chiamata /βara/. Tale suono, però, essendo privo di un corrispettivo grafico in italiano, causò a lungo molti problemi nel capire quale fosse il vero nome della machina e la grafia corretta da utilizzare su giornali e documenti di vario tipo. La questione fu risolta nel Novecento, quando ormai il termine bara aveva assunto un’accezione esplicitamente legata alla morte e non poteva più essere associato a un carro che parlava di vita eterna. Così, bara divenne il sostantivo con cui identificare l’urna nella parte bassa della struttura che contiene il corpo della Vergine defunta, mentre la machina prese definitivamente il nome di Vara. In questo caso, l’accezione originaria legata alla protezione si adattava alla struttura, che aveva lo scopo di proteggere corpo e anima della Vergine e gli angioletti che si trovavano intorno a lei (Giorgianni 1995).

Figura 9: L’urna è posta nella camera della dormizione prima della sfilata (Messina in diretta 2019).

Conclusioni

Le somiglianze che si riscontrano ancora oggi tra le culture di Spagna e Sicilia, che hanno avuto modo per molto tempo di influenzarsi a vicenda, possono essere riscoperte partendo da elementi semplici, come la lingua o le tradizioni. Ogni tipo di usanza è, infatti, figlia del proprio tempo e, così come l’arte, può essere capita a fondo se esaminata come un tassello di un determinato contesto storico-culturale e non come una realtà a sé stante. Un culto nato nel passato e mantenuto vivo nei secoli è certamente stato vissuto con approcci diversi in ogni epoca, portandolo a cambiare, come accaduto per la Vara, o a cessare di essere praticato, come nel caso degli autos sacramentales.

Guardare al passato partendo da ciò che ci ha lasciato può essere un modo per capirlo meglio e immaginarsi come poteva apparire. Da questo punto di vista, il fenomeno della Vara può essere considerato come un ponte tra il presente e il passato, tra la realtà attuale e ciò che rimane di una tradizione barocca comune ai due regni al tempo in cui erano uniti.

Bibliografia

Angemi Antonello (2009), La “Vara” di Messina: elemento essenziale della cultura messinese, Messina, Litografia A. Trischitta.

Arellano Ignacio (1995), Historia del teatro español del siglo XVII, Madrid, Cátedra.

Giorgianni Giuseppe (1995), Archivio storico messinese – La festa della Madonna Assunta a Messina, Messina, 68.

Mínguez Víctor (2016), La fiesta barroca: la corte del rey (1555-1808), Castelló de la Plana, Universitat Jaume.

Nongués Bruno Maria (2012), L’auto sacramental come strumento di contro-riforma cattolica nella Spagna del Siglo de Oro, Roma, Edizioni Nuova Cultura.

Páramo Pomareda Jorge (1957), Consideraciones sobre los ‘Autos Mitológicos’ de Calderón de la Barca, «Thesaurus», 1, 1, p. 51-80.

Ruano de la Haza José María (1996), Escenografía calderoniana, «RILCE. Revista de Filología Hispánica», 2, 12, p. 301-336.

Ruiz Julio Juan (2013), Persuasión política y adoctrinamiento religioso en el teatro de Pedro Calderón de la Barca, «Lingüística y Literatura», 63, p. 35-47.

Todesco Sergio, Molonia Giovanni (dir.) (1991), Teatro Mobile. Feste di mezz’agosto a Messina, Messina, Edizioni G.B.M.

Sitografia

Anonimo (2019), «Messina, fede e devozione dietro alla Vara: i volti dei fedeli», Gazzetta del Sud online Messina, consultato il 23/09/2020, URL: <https://messina.gazzettadelsud.it/foto/societa/2019/08/15/messina-fede-e-devozione-dietro-alla-vara-i-volti-dei-fedeli-foto-ab4d567c-04e6-41bf-8525-69966af38bfb/31/>.

Anonimo (2019), «Messina, in migliaia nelle strade per la Vara», Messina in Diretta, consultato il 23/09/2020, URL: <http://www.messinaindiretta.it/messina-in-migliaia-nelle-strade-per-la-vara-2019-fotogallery/>.

Caudí Josef (1663), «Fiesta, Corpus y autos sacramentales», Cervantes Virtual, consultato il 25/09/2020, URL: <http://www.cervantesvirtual.com/portales/calderon_de_la_barca/imagenes_corpus/imagen/imagenes_corpus_05_grabado_josef_caudi/>.

Note

  1. Dal 1516 al 1713.
  2. È interessante ricordare che i movimenti rotatori del carro causavano malessere ai figuranti, che non riuscivano a interpretare il loro ruolo in modo ottimale, così, nell’Ottocento, i personaggi reali vennero sostituiti con delle statue di resina.
  3. Dal verbo baiulare, ovvero portare a spalla.
  4. Si pensi anche solo al personaggio all’apice della Vara, il cui nome Alma Maria, in uso tuttora, deriva dallo spagnolo.
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