Massimo il Greco (fonte: Wikimedia Commons)
Cronaca del viaggio di istruzione a Firenze del 24 maggio 2024
Un progetto speciale per la didattica (anno accademico 2023-2024, secondo semestre) a cura di Francesca Romoli con la partecipazione di Victoria Barba, Sara Benedetti, Martina Ferrigno, Matilde Mugnaini, Alice Orlandini, Michela Rocchi, Andrea Ruffino, Rossella Stalfieri.
Premessa
Massimo il Greco, al secolo Michele Trivolis (Arta 1470ca-Sergiev Posad 1556/1557), è un émigré bizantino che trascorre gli anni della sua giovinezza (1492-1506) tra Firenze, Venezia e Mirandola, formandosi alla scuola degli umanisti e prestando loro la sua mano di copista. A Firenze frequenta lo Studium, lavora come copista per Giano Lascaris e, dopo un periodo di collaborazione a Venezia con lo stampatore Aldo Manuzio e a Mirandola con Giovanfrancesco Pico, muovendosi sulle orme di Girolamo Savonarola entra novizio nel convento domenicano di San Marco (1502). Le circostanze della vita lo portano, per ragioni che ci restano sconosciute, ad abbandonare prima San Marco e poi la penisola alla volta dell’Athos, dove prende i voti nel monastero greco ortodosso di Vatopedi. Qui viene intercettato da una delegazione del gran principe di Mosca Vasilij III che lo reclama in Moscovia come dotto esperto a cui affidare l’opera di revisione dei libri sacri. Massimo il Greco trascorre in Moscovia la parte più lunga della sua vita (1515-1556/1557), facendosi primo tramite dei valori dell’Umanesimo nel gran principato. La sua opera di mediazione culturale gli vale due processi e una lunga e severa reclusione, che tuttavia non arginano il processo di rinnovamento culturale da lui promosso come letterato e monaco erudito e come riformatore dell’ortodossia nello spirito dell’Umanesimo.
Nell’ambito del Progetto speciale per la didattica “La Firenze di Massimo il Greco”, gli studenti di slavistica dei corsi di laurea magistrale del Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa hanno partecipato a un viaggio di istruzione alla scoperta dei luoghi fiorentini del soggiorno di Massimo il Greco: dallo Studium (via dello Studio), dove egli si formò alla scuola di Giano Lascaris, Giovanni Pico della Mirandola, Marsilio Ficino e Angelo Poliziano, alla Biblioteca Medicea Laurenziana (piazza San Lorenzo), dove si conservano i libri sui quali studiò e alcuni dei manoscritti da lui copiati, al convento di San Marco (Museo di San Marco, piazza San Marco), dove entrò novizio, fino a Palazzo Medici Riccardi (via Cavour), residenza privata di Lorenzo il Magnifico e della famiglia Medici, al cui servizio si trovava Giano Lascaris.
La giornata si è conclusa nella Sala manoscritti e rari della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, dove gli studenti hanno potuto apprezzare una selezione di opere del XIV-XV sec., tra le quali un prezioso autografo di Girolamo Savonarola. Di ritorno verso la stazione ferroviaria, l’attraversamento di piazza della Signoria, luogo di esecuzione di Savonarola, ha chiuso idealmente il cerchio dell’itinerario percorso.
L’esperienza diretta dei luoghi degli anni fiorentini di Massimo il Greco ha inteso conferire concretezza fattuale ai contenuti somministrati agli studenti in aula, rendendo percettibile il suo ruolo di mediatore culturale, così da accrescere la consapevolezza dell’importanza della sua figura nella storia della cultura europea.
Con la sua attività di uomo di lettere, di monaco erudito e di riformatore religioso, infatti, Massimo il Greco trasmise alla Moscovia i valori dell’Umanesimo, preparando il terreno sia per la ‘prima occidentalizzazione’ seicentesca che per la ‘grande occidentalizzazione’ promossa da Pietro il Grande.
La cronaca della giornata nasce dal desiderio di documentare l’esperienza vissuta ed è il frutto della collaborazione tra gli studenti che vi hanno preso parte. Il resoconto ospita quattro sezioni, corrispondenti ognuna a una tappa dell’itinerario percorso in città. Sara Benedetti e Martina Ferrigno hanno steso l’introduzione e la sezione relativa al Museo di San Marco; Victoria Barba e Matilde Mugnaini la parte dedicata alla Biblioteca Medicea Laurenziana; Alice Orlandini e Andrea Ruffino la sintesi della visita a Palazzo Medici Riccardi; Michela Rocchi e Rossella Salfieri, infine, il resoconto del passaggio dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze1.
Un pensiero di sincera gratitudine va all’Ateneo pisano, il cui sostegno economico ha reso possibile l’iniziativa, a Caterina Barcucci per la professionalità e la competenza con cui ha condotto il gruppo, alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, nelle persone di David Speranzi ed Erik Boni, per la loro disponibilità e la splendida accoglienza.
Introduzione
Il 24 maggio 2024, in qualità di studenti dei corsi di slavistica tenuti dalla Prof.ssa Romoli nei corsi di laurea magistrale del Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica, abbiamo avuto l’opportunità di visitare a Firenze i luoghi di vita di Michele Trivolis/Massimo il Greco (1470ca-1556/1557). Il progetto ci ha consentito di integrare con l’esperienza le conoscenze che avevamo acquisito in aula su Massimo il Greco, un monaco ortodosso e umanista che si ritiene sia stato uno dei più importanti anelli di congiunzione tra la cultura dell’Umanesimo e la coeva cultura moscovita.
In questa sede ci proponiamo di offrire un resoconto della giornata, descrivendo in particolare i luoghi che abbiamo potuto visitare. Nella stesura del testo abbiamo integrato le informazioni raccolte durante le visite con la bibliografia e la sitografia indicata in calce al testo.
Per permettere al lettore di orientarsi nel percorso, offriamo qui una sintetica biografia riferita soprattutto agli anni del soggiorno italiano di Massimo il Greco.
La scoperta dell’identità occidentale di Massimo il Greco si deve a É. Denisoff (Denisoff 1943). In Russia gli studi a lui dedicati sono numerosi; in Italia l’interesse per la sua figura, emerso già nel secolo scorso, si è rinnovato negli ultimi decenni, in particolare grazie ai lavori di M. Garzaniti e di F. Romoli, nonché, nell’ultimo anno, alle attività portate avanti dal gruppo di ricerca che si è costituito nell’ambito del PRIN 2022 PNRR MaximHum, diretto e coordinato a livello nazionale dalla stessa Romoli.
Michele Trivolis nacque intorno al 1470 ad Arta, che all’epoca si trovava sotto il dominio ottomano. Nel 1492, partendo da Corfù, giunse a Firenze al seguito di Giano Lascaris, che era stato inviato in Oriente da Lorenzo il Magnifico con l’incarico di acquistare manoscritti greci per arricchire la biblioteca medicea privata e reclutare giovani da formare come copisti. Anche un parente di Michele, Demetrio Trivolis, forse suo zio, era stato in Occidente e aveva lavorato come copista per il cardinal Bessarione (Romoli 2021: 17-18).
Michele si formò allo Studium sotto la guida di Giano Lascaris e partecipò al circolo di copia che per iniziativa dello stesso Lascaris si era costituto nella Biblioteca medicea privata. Il gruppo degli émigré presenti in città, grazie anche al sostegno offerto dai Medici, era numeroso. A Firenze, Michele frequentò inoltre la predicazione di Savonarola, che ebbe un grande impatto su di lui (Romoli 2021: 18).
In seguito alla discesa in Italia di Carlo VIII e alla cacciata di Piero de’ Medici, a Firenze venne instaurata la Repubblica guidata da Savonarola (1494). Giano Lascaris seguì Carlo VIII in Francia e Michele, rimasto senza protezione, iniziò a viaggiare in diverse città italiane; trascorse anche un periodo a Venezia, dove lavorò nella bottega di Aldo Manuzio. Nel 1498 giunse a Mirandola, mettendosi al servizio di Gian Francesco Pico, convinto difensore di Savonarola. Dopo altri spostamenti incerti, nel 1502 entrò novizio nel Convento di San Marco a Firenze. Il Liber Vestitionum del conventoindica solo la data di inizio del suo noviziato; per ragioni poco chiare, infatti, nell’aprile del 1503 lasciò il convento senza prendere i voti (Romoli 2021: 19-20). Riuscì quindi a trasferirsi, non senza difficoltà, a Venezia, e da qui, dopo qualche tempo, salpò alla volta dell’Oriente.
Per le tappe successive della biografia di Michele Trivolis si rimanda a Romoli 2021. Ci preme qui sottolineare l’impatto che la formazione nell’Italia umanistica ebbe su di lui. Nel 1516, una decina di anni dopo aver preso i voti con il nome di Massimo nel monastero greco ortodosso di Vatopedi sull’Athos, fu inviato in Moscovia con l’incarico condurre la revisione i testi sacri. Qui si fece promotore dei valori dell’umanesimo e della renovatio christiana. Il suo approccio innovativo ai testi della tradizione, la critica alla corruzione della Chiesa e del monachesimo locali, oltre che il presunto legame con le autorità turche, gli costeranno, però, la condanna come eretico e una lunga e severa reclusione. Rilasciato e riabilitato solo dopo molti anni, trascorse l’ultimo periodo della sua vita nella laura della Trinità di San Sergio (Romoli 2021: 21-25).
Il Museo di San Marco
Dopo l’abbandono nel 1418 da parte dei monaci silvestrini, nel 1435 a San Marco si trasferirono i frati Domenicani osservanti. Viste le pessime condizioni in cui versava l’edificio, nel 1437 Cosimo il Vecchio ne ordinò la ristrutturazione, affidando i lavori a Michelozzo e al Beato Angelico, che si occupò delle decorazioni parietali2.
La nostra visita è iniziata al piano terra. Qui abbiamo visitato il chiostro, la Sala dell’Ospizio (ora Sala del Beato Angelico) e la Sala del Capitolo.
Nella Sala dell’Ospizio sono attualmente conservate alcune opere del Beato Angelico, la più importante delle quali è la Pala di San Marco. Il dipinto rappresenta la Madonna con il Bambino accerchiata da angeli e santi, tra i quali figurano anche Cosma e Damiano, protettori dei Medici. La pittura è stata rovinata da un restauro ottocentesco: l’oro è diventato color bronzo a causa di una pulitura fatta con la soda per rimuovere i residui di fumo. Della predella si conservano soltanto due pannelli che rappresentano la Sepoltura dei Santi Cosma e Damiano e il Miracolo del diacono Giustiniano.
Nella Sala del Capitolo troviamo l’affresco della Crocifissione, sempre del Beato Angelico. Qui, insieme alla Vergine, alla Maddalena e a San Giovanni Evangelista sono rappresentati santi fiorentini e in particolare i più importanti per l’ordine domenicano. Attualmente lo sfondo si presenta con un colore grigio-rosso perché i preziosi pigmenti azzurri che lo ricoprivano originariamente si sono rovinati col tempo e hanno portato alla luce lo stato preparatorio sottostante.
All’interno di questa sala si trova la “Piagnona”, una campana la cui storia si intreccia con le vicende biografiche di Savonarola: si tratta della campana della basilica di San Marco, che fu fatta suonare per chiamare la città a difesa del convento nella notte dell’arresto di Savonarola. Per questa ragione si ritenne di doverla “punire”: fu prelevata e trasferita nella chiesa di San Salvatore al Monte (da dove nel 2000 è tornata a San Marco) e da allora non suonò più3.
Al primo piano abbiamo visitato il dormitorio con le celle dei frati, dove probabilmente visse anche Michele Trivolis durante la sua permanenza nel convento. Si tratta di celle molto piccole, decorate ognuna da un affresco e povere di arredi: un letto, un piccolo scrittoio e una piccola finestra. Le finestre del corridoio sono al contrario molto ampie ma più alte della statura dei frati, in modo da celare al loro sguardo il mondo esterno, che avrebbe potuto distrarli.
Per lo stesso motivo, le celle dei novizi affacciano sul chiostro interno. In fondo al corridoio si apre una cella doppia, destinata ad accogliere le attività educative che il maestro dei novizi rivolgeva ai giovani sotto la sua guida.
Lo stile di vita dei frati era estremamente austero, come confermano la povertà degli arredi e l’inospitalità degli ambienti: la struttura del soffitto del dormitorio rendeva infatti la temperatura interna rigida d’inverno e calda d’estate.
La cella del priore, in cui visse anche Savonarola, è costituita da tre celle comunicanti. Qui si può ammirare il busto a tutto tondo di Savonarola realizzato da Marco della Robbia, che si fece frate con il nome di Mattia. Vi si conservano anche il rosario di Savonarola e alcuni frammenti della sua veste. Sulla grata della finestra si scorge un pomello a forma di diavolo, simbolo della tentazione sempre in agguato. In questa camera si può ammirare un dipinto che raffigura l’esecuzione di Savonarola in piazza della Signoria, dove il frate fu prima impiccato e solo dopo dato alle fiamme.
Le celle e i corridoi del primo piano sono interamente affrescati dal Beato Angelico e dai suoi allievi. Uno dei suoi lavori più celebri al primo piano è l’Annunciazione.
Un ambiente particolarmente importante del convento è la biblioteca. Costruita da Michelozzo su commissione di Cosimo de’ Medici, si presenta come un ambiente ampio e ben illuminato, strutturato in tre navate delimitate da due file di colonne in ordine ionico, con volte a crociera nelle navate laterali e volte a botte nella navata centrale. Qui, su appositi banchi, si potevano consultare le opere della tradizione latina. Attualmente vi si trovano esposti alcuni manoscritti custoditi in apposite teche insieme agli strumenti e ai colori che venivano utilizzati per il lavoro di copiatura.
In fondo alla navata centrale si apre la Sala greca della biblioteca, dove si custodivano i codici in lingua greca, in arabo ed ebraico. In questa sala probabilmente lavorò anche Michele Trivolis. Adesso vi si trovano un grande tavolo centrale sul quale sono esposti alcuni manoscritti, e armadi laterali dove si conservano delle ceramiche. Il patrimonio manoscritto della biblioteca è quasi interamente confluito nella Biblioteca Medicea Laurenziana4.
La Biblioteca Medicea Laurenziana
Dopo aver visitato il Museo di San Marco, la nostra attenzione si è spostata sulla Biblioteca Medicea Laurenziana, un capolavoro architettonico che fonde l’eleganza del Rinascimento con la profondità del sapere antico. Progettata da Michelangelo Buonarroti tra il 1519 e il 1534, la biblioteca è un esempio straordinario di come l’arte e l’architettura possano elevare un luogo di studio a tempio della conoscenza.
Entrando nel complesso architettonico, si viene subito attratti dal chiostro. Da un angolo del chiostro si accede al chiostro superiore, da dove è possibile ammirare la cupola del Brunelleschi e la parte alta del campanile di Giotto. Da qui si accede alla Biblioteca.
All’ingresso, siamo stati accolti dalla maestosità del vestibolo, detto ‘ricetto’, una sala che introduce con solennità alla biblioteca. Il vestibolo è dominato da una scala con gradini di varie forme, tra i quali ve ne sono anche di ellittici – uno dei primi esempi di questo genere -, che si sviluppa con grazia e dinamismo, quasi simboleggiando il cammino ascendente verso la sapienza, un viaggio intellettuale che conduce il visitatore dalla dimensione terrena a quella superiore della conoscenza custodita nei libri. In questo senso, il vestibolo può essere visto come una metafora del processo di apprendimento e dell’elevazione spirituale che si ottiene attraverso lo studio. Le pareti del vestibolo sono arricchite da colonne e nicchie il cui insieme crea un ritmo visivo che prepara all’imponente Sala di lettura.
Una volta entrati nella Sala di lettura ci siamo trovati in un ampio ambiente rettangolare caratterizzato da soffitti a cassettoni in legno, pavimenti in terracotta e lunghe file di banchi di lettura, ciascuno dei quali originariamente dotato di catenelle per i manoscritti. La sala fu progettata per essere funzionale ma anche imponente. Colpisce l’uso abbondante della luce naturale proveniente dalle grandi finestre realizzate da maestranze fiamminghe su disegno di Giorgio Vasari; le vetrate hanno per tema l’araldica medicea impreziosita da grottesche, armi ed emblemi. L’atmosfera è solenne e contemplativa, perfettamente adatta alla funzione originaria della sala. Ogni dettaglio architettonico, dalla disposizione dei banchi alla struttura del soffitto, è pensato per favorire la concentrazione e il raccoglimento. È un luogo dove l’estetica e la funzione pratica si incontrano, creando uno spazio che ispira rispetto e ammirazione per la conoscenza.
La biblioteca conserva una delle più importanti collezioni di manoscritti antichi e medievali, che per contenuti spaziano dalla teologia, alla filosofia, alle scienze, alla medicina e al diritto. Le attività che si svolgevano al suo interno sono la lettura, lo studio e la copiatura di codici. Il lavoro di copiatura era una pratica fondamentale per la preservazione dei testi in un’epoca in cui la stampa si era affermata da poco.
Il lavoro di copiatura richiedeva grande attenzione, precisione e competenza, poiché anche il più piccolo errore poteva compromettere l’integrità del testo. Oltre a essere copiati, i testi venivano spesso annotati con l’aggiunta di commenti a margine che ne spiegavano o interpretavano il contenuto. Queste annotazioni, chiamate glosse, erano essenziali per la comprensione dei testi antichi e venivano spesso tramandate insieme al testo che commentavano. Gli eruditi dell’epoca contribuivano in questo modo alla tradizione esegetica e allo sviluppo del pensiero teologico e filosofico. La conoscenza delle lingue antiche, come il latino e il greco, era fondamentale per lo studio. Alcuni letterati si dedicavano anche alla traduzione di opere dal greco al latino o dal latino in volgare, contribuendo alla diffusione del sapere. Era inoltre importante la conservazione e corretta catalogazione dei materiali, che permetteva di mantenere un ordine nelle collezioni facilitando l’accesso ai testi.
Una parte particolarmente significativa e interessante della nostra visita si è svolta nella Tribuna d’Elci, un locale pensato per accogliere la collezione donata alla biblioteca dal conte Angelo Maria d’Elci. Inaugurata nel 1841, la Tribuna è stata utilizzata come sala di lettura fino agli anni ‘70 del Novecento. Attualmente nella sala si svolgono incontri, lezioni, inaugurazioni.
Grazie alla disponibilità della biblioteca, in questo locale abbiamo potuto visionare un codice copiato proprio da Michele Trivolis. Si tratta del ms. Laur. Plut. 55.20, con il commento a Ermogene di Siriano, Sopatro e Marcellino (Dreimänner-Kommentar), di cui Michele ha trascritto i ff. 104r-252v, come è stato stabilito da D. Speranzi (Speranzi 2010). Non si tratta dell’unico codice di sua mano che si conserva nella biblioteca, appartenendo a lui anche il ms. Conv.Soppr. 104, che contiene il De divinis nominibus (con scholia) dello pseudo-Dionigi Areopagita ed è apografo parziale ma diretto dell’attuale ms. San Marco 686, conservato anch’esso in Laurenziana (Speranzi 2016).
Il Palazzo Medici Riccardi
La terza tappa della nostra visita è stata Palazzo Medici Riccardi. All’epoca della permanenza di Michele Trivolis a Firenze, Palazzo Medici, ora detto Medici Riccardi, era la residenza privata dei signori di Firenze, il palazzo del potere. Vissero lì, per esempio, Cosimo il Vecchio e Lorenzo il Magnifico.
La dimora nasce su commissione di Cosimo il Vecchio e fu costruita dall’architetto Michelozzo di Bartolomeo. Costituisce la residenza della famiglia Medici dagli anni ‘40 del XV secolo fino al 1540, anno del trasferimento di Cosimo I, già incoronato duca, a Palazzo Vecchio.
Dal punto di vista architettonico, si tratta di un palazzo cubico dall’aspetto esterno imponente, ma sobrio ed austero, che internamente è organizzato attorno a un cortile quadrato che accoglie elementi classici, come per esempio le colonne corinzie. L’edificio fissò uno dei modelli dell’architettura civile del Rinascimento a Firenze e oltre.
Sul finire del Quattrocento, Lorenzo il Magnifico era solito accogliere nella sua dimora i migliori intellettuali dell’epoca, gli stessi con cui era entrato in contatto Michele Trivolis. Si venne così a creare un ambiente di ampio respiro culturale che favorì lo sviluppo del pensiero e dell’arte del Rinascimento.
Uno degli ospiti e collaboratori dei Medici fu Giano Lascaris, che negli anni ’90 del Quattrocento teneva la cattedra di greco allo Studium fiorentino e che su incarico del Magnifico viaggiò due volte in Oriente per acquistare manoscritti e reclutare giovani copisti. Michele Trivolis arrivò a Firenze alla metà del 1492 proprio a conclusione del secondo di questi viaggi.
Se è certo che Giano Lascaris fu tra i frequentatori del palazzo, non è escluso che in qualche sua visita possa averlo accompagnato il giovane Michele Trivolis.
La nostra visita a Palazzo Medici Riccardi ha avuto inizio nel Cortile delle colonne di Michelozzo di Bartolomeo. L’architettura, armonica ed equilibrata, è dominata da un portico con colonne sormontato da un fregio decorato da rilievi creati da Donatello, da cammei antichi e dallo stemma dei Medici. Sul fondo del cortile, sotto il loggiato, abbiamo potuto osservare l’Orfeo che incanta Cerbero di Baccio Bandinelli (1519).
La visita è proseguita al piano nobile. Salendo su per lo scalone che si apre sul lato sinistro del cortile siamo entrati in uno dei luoghi più preziosi del palazzo, la Cappella dei Magi, cappella privata della famiglia Medici costruita anch’essa su progetto di Michelozzo. Sull’altare abbiamo potuto osservare l’Adorazione del Bambino eseguita dallo Pseudo-Pierfrancesco Fiorentino (1480ca)5, copia dell’originale di Filippo Lippi. Sulle pareti della cappella si può invece ammirare la Cavalcata dei Magi, un ciclo di affreschi realizzato da Benozzo Gozzoli nel 1459 su commissione di Cosimo il Vecchio e di suo figlio Piero il Gottoso.
Usciti dalla cappella abbiamo attraversato il Salone Carlo VIII, così denominato perché il sovrano francese nel 1494 vi incontrò il Senatore della Repubblica Pier Capponi. Il salone e gli spazi attigui ospitano la sede della Prefettura e del Consiglio provinciale e le stanze del Presidente della Repubblica. Superati questi ambienti, siamo entrati nella sala in cui è esposta la celebre Madonna con il Bambino di Filippo Lippi, sul cui retro è possibile osservare il disegno preparatorio di una testa maschile.
La nostra visita al palazzo si è conclusa nella Galleria degli Specchi, realizzata per volontà della famiglia Riccardi dagli architetti Pier Maria Baldi e Giovan Battista Foggini negli anni ’70 del Seicento. La decorazione della volta, ad opera di Luca Giordano, è in pieno stile barocco e rappresenta una narrazione allegorica della vita umana. Negli angoli sono infatti raffigurate le virtù cardinali che combattono il male, mentre al centro primeggia l’apoteosi della famiglia Medici.
Nel corso della visita, la nostra attenzione si è rivolta soprattutto alla Cavalcata dei Magi di Gozzoli. Il ciclo di affreschi, infatti, rappresenta in realtà i protagonisti del Concilio di Ferrara-Firenze (1438-1439). L’evento, che celebra l’Unione delle Chiese di Roma e di Costantinopoli sancita nel tentativo di arginare l’avanzata turca nel Mediterraneo, costituisce il primo contatto documentato tra la Moscovia e l’Occidente latino e inaugurò un proficuo periodo di dialogo e di scambio culturale che si protrasse fino alla metà del Cinquecento (Garzaniti 2005: 223-225; Kazakova 1997-1999).
Nell’affresco sono raffigurati i delegati ortodossi al concilio, in particolare l’imperatore bizantino Giovanni VIII Paleologo nella figura di Baldassarre, il patriarca di Costantinopoli Giuseppe II nella figura di Melchiorre e tra i dignitari bizantini nel corteo sovrastante la figura di Gaspare anche il metropolita Isidoro, che guidava la delegazione russa.
L’affresco non si lega direttamente alle vicende biografiche di Michele Trivolis a Firenze, quanto piuttosto alla sua successiva attività in Moscovia. Dopo il fallimento dell’Unione delle Chiese, nel 1472 ci fu infatti un nuovo tentativo da parte del papato di coinvolgere Mosca nella riconquista dell’ormai caduto Impero bizantino. L’ultima erede della famiglia imperiale, Zoe Sofia Paleologa, che aveva trovato rifugio a Roma, andò in sposa al gran principe di Mosca Ivan III (Garzaniti 2005: 228-231). Al seguito della principessa bizantina e successivamente su invito di Ivan III, giunsero alla corte moscovita maestranze italiane e diplomatici e intellettuali greci della diaspora, che a Mosca si fecero portatori dei valori della cultura umanistica e dettero vita a un periodo di grande fermento culturale. Tra questi mediatori tra Italia umanistica e Moscovia cinquecentesca si distinse soprattutto Massimo il Greco che, come si è detto, giunto nel 1518 con l’incarico di revisionare i libri sacri, mise a frutto i metodi e le competenze che aveva acquisito nella Firenze umanistica (Romoli 2021: 21-22).
La Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (BNCF)
Lasciato il Palazzo mediceo ci siamo diretti verso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Lungo il tragitto abbiamo potuto osservare dall’esterno i locali dell’antico Studium. La biblioteca costituisce l’ultima tappa del nostro itinerario, che pur non essendo direttamente legata alle vicende biografiche di Massimo il Greco, nelle testimonianze che vi si conservano esprime pienamente la cultura dell’Umanesimo nella quale Massimo si formò.
La Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze è la biblioteca più grande d’Italia per numero di volumi posseduti: in totale ne conserva più di otto milioni tra stampati, opuscoli e manoscritti6. Insieme alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma (BNCR) ha il ruolo di biblioteca nazionale, di conseguenza esplica le funzioni di «istituto preposto alla raccolta, conservazione, documentazione e valorizzazione della memoria storica della Nazione, al fine di favorire, con la trasmissione della conoscenza, il progresso della comunità»7. Come stabilito dalla normativa vigente in ambito di deposito legale (Legge n. 106 del 20048 e D.P.R. n. 252 del 20069), la biblioteca deve ricevere una copia di tutto ciò che viene pubblicato sul territorio nazionale.
Il nucleo originario della collezione della biblioteca è composto da circa 30.000 volumi donati alla città di Firenze da Antonio Magliabechi. Magliabechi fu un erudito fiorentino con una grande vocazione per i libri, grazie alla quale divenne bibliotecario presso la famiglia Medici. Gli fu inoltre affidata da Cosimo III la custodia della Biblioteca Medicea Palatina a Palazzo Pitti. Oltre che per la sua vastissima competenza di bibliotecario, Magliabechi è ricordato come un uomo eclettico e stravagante: questo aspetto della sua personalità è catturato nel busto scolpito da Antonio Montauti che si può osservare sulla scalinata principale della biblioteca10. Nel 1714, pochi mesi prima di morire, Magliabechi dichiarò di voler lasciare in eredità la sua raccolta libraria alla città di Firenze affinché vi si formasse una biblioteca pubblica. Grazie al lavoro dei suoi esecutori testamentari (Anton Francesco Marmi e Lorenzo Comparini), nel 1747 la biblioteca magliabechiana fu aperta al pubblico nei locali contigui agli Uffizi.
Nel corso degli anni la biblioteca si espanse notevolmente, grazie anche al granduca Pietro Leopoldo, che vi fece confluire gran parte della biblioteca Palatina. Nel 1885 fu nominata Biblioteca Nazionale. Nel 1935 i volumi della biblioteca furono trasferiti nella nuova sede (quella odierna, da noi visitata) in piazza Cavalleggeri, in prossimità dell’Arno. Proprio questa vicinanza al fiume risultò fatale per alcuni volumi della biblioteca quando Firenze fu colpita dall’alluvione del 1966, che la investì in pieno e «sommerse quasi un milione di unità bibliografiche sistemate nel seminterrato, al piano terreno e al piano rialzato dell’edificio»11. Ancora oggi possiamo vedere sulle pareti dell’edificio il segno lasciato dall’acqua dell’Arno dopo l’alluvione.
Dopo un breve itinerario attraverso gli ambienti principali della biblioteca (in particolare la sala di consultazione, la sala di lettura e l’area esterna con il chiostro che si affaccia sul chiostro grande di Santa Croce) ci siamo recati negli uffici del Banco manoscritti e rari dove abbiamo potuto ammirare opere uniche per valore e bellezza: il Memoriale di Girolamo Savonarola, uno zibaldone delle opere di Giovanni Boccaccio, uno zibaldone delle opere di Angelo Poliziano e il Libro d’Ore Visconti.
Il Memoriale di Girolamo Savonarola
Prima di descrivere il codice, non è inutile ricordare l’importanza che la figura di Savonarola ebbe nella vita di Michele Trivolis. Frequentando le sue prediche, infatti, il giovane greco si avvicinò al tema della povertà nella religione e all’idea della necessità di un ritorno alla ecclesiae primitivae forma. Questi motivi lo spinsero a entrare nel convento di San Marco nel 1502 e successivamente a prendere i voti nel centro monastico del Monte Athos (Romoli 2021: 11-12).
Per dare voce a queste istanze, in Moscovia Massimo il Greco scrisse, tra le altre, la Narrazione terribile e memorabile, e sulla perfetta forma di vita monastica e l’Epistola sui francescani e i domenicani, testi in cui descrive gli ordini religiosi occidentali, in particolare quello dei certosini e quello dei domenicani. Queste opere sono un esempio dell’attività di mediatore da lui svolta in Moscovia; infatti, come sottolinea F. Romoli, «Nelle forme di vita certosina e domenicana e nella vita di Savonarola, Massimo il Greco ritrova continuità con il monachesimo antico e fedeltà alla tradizione dei Padri del deserto. Per questo, malgrado l’adesione alla tradizione latina, certosini e domenicani possono essere elevati a modello di religiosità per gli ortodossi»(Romoli 2021: 31-32). L’esempio più fulgido di virtù è rappresentato ai suoi occhi da Savonarola, della cui vita rende la prima testimonianza in Moscovia.
Il manoscritto savonaroliano che ci è stato mostrato appartiene al Banco rari e prima di essere acquistato dalla biblioteca si conservava nel convento di San Marco. Si tratta del Memoriale di Savonarola, un piccolo codice ritenuto uno dei suoi autografi più antichi (si stima che sia stato redatto tra il 1484 e il 1485)12.
Lo Zibaldone di Giovanni Boccaccio
Il secondo manoscritto che abbiamo potuto osservare raccoglie alcuni scritti di Giovanni Boccaccio e costituisce uno dei pezzi più antichi e pregiati del Banco rari della biblioteca. Sul sito della biblioteca è presente una scheda di dettaglio del codice13; è inoltre possibile consultare il libro in versione digitale14. L’inventario del Banco Rari del 1914-1916 reca questa dicitura «Zibaldone. Stimato autograf. Del Boccaccio. Ms. cart. sec. XIV».
Lo Zibaldone di Angelo Poliziano
Figura cardine del rinnovamento umanistico, Angelo Poliziano fu tra i maestri di Michele Trivolis a Firenze (Romoli 2021: 18). Lo zibaldone che abbiamo visionato contiene scritture autografe e parti vergate dagli allievi di Poliziano sotto la sua supervisione15.
Il Libro d’Ore Visconti
L’ultimo manoscritto che ci è stato mostrato è Il Libro d’Ore Visconti. Si tratta di una raccolta di preghiere appartenuta alla famiglia Visconti. Rappresenta uno dei gioielli più preziosi della biblioteca per il pregio della fattura e delle illustrazioni e la ricercatezza delle finiture16.
La tappa finale del nostro itinerario è stata Piazza della Signoria: in questo luogo, una lapide circolare segna il punto esatto in cui Girolamo Savonarola fu impiccato e ucciso il 23 maggio 1498.
Bibliografia
Denissoff Elie, (1943), Maxime le Grec et l’Occident. Contribution à l’histoire de la pensée religieuse et philosophique de Michel Trivolis, Louvain-Paris.
Garzaniti Marcello (2005), Il Concilio di Ferrara-Firenze e l’idea della ‘santa Russia’, in: M. Garzaniti, L. Tonini (a cura di), Giorgio La Pira e la Russia,Firenze, pp. 223-239.
Garzaniti Marcello, Romoli Francesca (a cura di), (2010), Massimo il Greco, Firenze e l’Umanesimo italiano, «Studi slavistici», VII, pp. 349-363.
Romoli Francesca, (2021), Massimo il Greco e gli ordini religiosi dell’Occidente, Firenze.
Sinicyna Nina Vasil’evna, (2008), Maksim Grek, Moskva.
Speranzi David, (2010), Michele Trivoli e Giano Lascari. Appunti su copisti e manoscritti greci tra Corfù e Firenze, in: M. Garzaniti, F. Romoli (a cura di), Massimo il Greco, Firenze e l’Umanesimo italiano, «Studi Slavistici»”, VII, 2010, pp. 263-297.
Speranzi David, (2016), Massimo il Greco a San Marco. Un nuovo manoscritto, in: A. Alberti, M.C. Ferro, F. Romoli (a cura di), Mosty mostite. Studi in onore di Marcello Garzaniti, Firenze 2016, pp. 191-204.
Sitografia
Basilica San Marco. Frati Domenicani. Il museo di San Marco a Firenze, https://www.sanmarcofirenze.it/il-museo-di-san-marco-a-firenze, consultato il 25/08/2024.
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Note
- Come attività di potenziamento delle abilità di scrittura, l’iniziativa concorre agli scopi del Centro di Eccellenza per il Contrasto all’Impoverimento Linguistico (CECIL) attivo presso il Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa.
- Basilica San Marco. Frati Domenicani. La storia della Basilica di San Marco a Firenze, https://www.sanmarcofirenze.it/la-storia-della-basilica-di-san-marco-a-firenze, consultato il 25/08/2024.
- I musei di Firenze. Guida ai più importanti musei fiorentini. Museo di San Marco, https://www.imuseidifirenze.it/museo-di-san-marco, consultato il 25/08/2024.
- Basilica San Marco. Frati Domenicani. Il museo di San Marco a Firenze, https://www.sanmarcofirenze.it/il-museo-di-san-marco-a-firenze, consultato il 25/08/2024.
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- Per maggiori informazioni sulla vita di Antonio Magliabechi si rimanda al Dizionario Biografico degli Italiani di Treccani: https://www.treccani.it/enciclopedia/antonio-magliabechi_(Dizionario-Biografico)/?search=MAGLIABECHI%2C%20Antonio%2F, consultato il 23/08/2024.
- Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze: https://www.bncf.firenze.sbn.it/biblioteca/lalluvione-del-1966/, consultato il 23/08/2024.
- Per maggiori informazioni sul manoscritto si rimanda alla scheda di dettaglio presente su Manus online: https://manus.iccu.sbn.it/risultati-ricerca-manoscritti/-/manus-search/detail/602750?fondo_id_s=1899&filter%3A31%3AAnno_manoscritto%3A4%3A4=1335&filter%3A31%3AAnno_manoscritto%3A2%3A4=1510&__id=generated_id_1444&page=2, consultato il 23/08/2024. Per visualizzare la versione digitale del manoscritto si rimanda invece al seguente link: https://archive.org/details/banco-rari-309/page/n13/mode/2up, consultato il 23/08/2024.
- https://manus.iccu.sbn.it/risultati-ricerca-manoscritti/-/manus-search/detail/601593?fondo_id_s=1899&filter%3A31%3AAnno_manoscritto%3A2%3A4=1520&filter%3A31%3AAnno_manoscritto%3A4%3A4=1285&, consultato il 23/08/2024.
- G. Boccaccio, Zibaldone. Visualizzatore immagini Teca digitale ver. 4.1: https://teca.bncf.firenze.sbn.it/ImageViewer/servlet/ImageViewer?idr=TECA00000021512, consultato il 23/08/2024.
- Per maggiori informazioni sul manoscritto si rimanda alla scheda di dettaglio presente su Manus online: https://manus.iccu.sbn.it/risultati-ricerca-manoscritti/-/manus-search/detail/746884?struct%3A1016=ricerca.parole_tutte%3A4%3D6&item%3A1016%3AKeywords=Poliziano&fieldstruct%5B0%5D=ricerca.parole_tutte%3A4%3D6&fieldaccess%5B0%5D=item&fondo_s%5B%5D=Biblioteca+nazionale+centrale%7C%7CFirenze%7C%7CFondo+Nazionale&__id=generated_id_96%EF%BF%BD&, consultato il 23/08/2024.
- Per visualizzare la versione digitale del manoscritto si rimanda invece al seguente link: https://teca.bncf.firenze.sbn.it/ImageViewer/servlet/ImageViewer?idr=TECA00000020835, consultato il 23/08/2024.