a cura di Sara Soncini
e con la partecipazione di Alexandra Delia Barancianu, Anna Cabriolu Puddu, Susanna Capannini, Costanza Cecchi, Roberta De Cicco, Monica Di Cuonzo, Sara Anna Maria Gutkowska, Elena Marazzotta, Benedetta Marianelli, Zelinda Puccioni, Laura Repetti, Camilla Paola Santi, Pierpaolo Stasi, Grzegorz Zdzisław Witkowski.
Presentazione
Il “Dossier Globe” ospita i lavori di studentesse e studenti del Corso di Laurea in Lingue e Letterature Straniere che nell’anno accademico 2022-2023, nell’ambito dell’insegnamento di Letteratura Inglese II, hanno avuto la possibilità di frequentare un programma intensivo presso lo Shakespeare’s Globe di Londra grazie a un progetto speciale per la didattica finanziato dal nostro Ateneo.
Per tre giorni, sotto la guida esperta di studiosi e professionisti della scena che collaborano in forma stabile con questo importante centro di produzione e ricerca teatrale, gli studenti hanno partecipato a discussioni sul contesto storico, culturale e materiale nel quale hanno preso vita le opere di Shakespeare; hanno visitato le due sale “d’epoca” in cui vengono allestiti oggi gli spettacoli, acquisendo consapevolezza del modo in cui lo spazio influenza le pratiche sia sceniche, sia drammaturgiche; hanno sperimentato in prima persona un modo di leggere il testo che parte dal lavoro fisico – con la voce, il corpo, il movimento – per coglierne e ricostruirne il senso; infine, hanno assistito a un allestimento di A Midsummer Night’s Dream al Globe Theatre.
Questo progetto nasce dal desiderio di documentare l’esperienza vissuta e, al tempo stesso, di portarla avanti esplorando nuovi percorsi che valorizzano interessi, inclinazioni e capacità di ciascun partecipante: di qui la natura eterogenea – accademica e creativa, testuale e performativa, verbale e visiva – dei contributi che presentiamo, e che possono essere consultati nell’ordine suggerito dal sommario, oppure accedendo direttamente ai singoli titoli tramite i link inseriti nella breve descrizione che segue.
Il dossier è idealmente diviso in tre sezioni: resoconti, trasposizioni e approfondimenti. Si parte con tre modi diversi di raccontare il soggiorno a Londra e il corso offerto dallo Shakespeare’s Globe: dal reportage (Alla scoperta del Globe: resoconto di viaggio, di Susanna Capannini), al racconto ispirato alla trama di The Tempest (La nostra Tempesta, di Monica Di Cuonzo), per arrivare al video realizzato da Benedetta Marianelli insieme ad Anna Cabriolu Puddu, co-autrice delle riprese, e agli altri membri del gruppo che hanno partecipato in qualità di intervistati e/o performer. Il titolo, “This island’s mine”, riprende la celebre rivendicazione di Caliban e riflette il metodo per cui, durante le sessioni di lavoro pratico, tutti sono stati invitati a trovare la propria isola all’interno dell’arcipelago shakespeariano e a prenderne possesso. (L’altra battuta di Caliban recitata collettivamente nel video, “I must eat my dinner”, rende conto di un altro impulso forse meno nobile ma certo molto sentito durante le lunghe maratone shakespeariane di quei giorni.) La sezione più prettamente documentale si chiude con La parola dei critici: il Sogno del Globe, in cui Pierpaolo Stasi recensisce la nuova produzione di A Midsummer Night’s Dream della quale è stato spettatore. A seguire vengono presentati due spin-off legati a Puck, quello che ha maggiormente stimolato la creatività del gruppo tra i personaggi shakespeariani “incontrati” a Londra. Prendendo spunto dalla battuta che nel testo di Shakespeare sancisce la metamorfosi di Bottom, “Puck, thou art translated!”: una proposta di traduzione collettiva presenta gli esiti del lavoro di squadra svolto da Susanna Capannini, Zelinda Puccioni, Camilla Paola Santi e Grzegorz Zdzisław Witkowski sul monologo del secondo atto da loro stessi esplorato a livello pratico durante il corso. “Through the forest have I gone… ”: Puck a fumetti, a firma di Roberta De Cicco, offre invece una trasposizione intersemiotica dello stesso passo, rendendo omaggio alla sua spiccata qualità icastica. Chiude la rassegna un approfondimento che trae origine dagli incontri seminariali dedicati a Othello e dal vivace dibattito intorno alle dinamiche di gender che permeano la tragedia e, come mostra Zelinda Puccioni in Desdemona: dal testo allo schermo, ne innervano la ricezione critica e creativa in epoche successive.
Sara Soncini
Pisa, dicembre 2023
Alla scoperta del Globe: resoconto di viaggio
di Susanna Capannini
Tra il 30 maggio e il 3 giugno 2023, un gruppo di venti tra allieve e allievi del corso di Letteratura Inglese II, accompagnato dalla professoressa Sara Soncini, ha preso parte a un viaggio studio a Londra finanziato dal nostro Ateneo nell’ambito dei progetti speciali per la didattica e finalizzato alla frequenza di un corso intensivo organizzato dallo Shakespeare’s Globe.
Il Globe Theatre ha l’obiettivo di riprodurre, il più fedelmente possibile, quella che si ritiene dovesse essere l’esperienza teatrale ai tempi di Shakespeare. Il teatro è stato inaugurato nel 1997, a conclusione di un progetto portato avanti per molti anni con grande tenacia dal regista e attore statunitense Sam Wanamaker: a lui è intitolata la Sam Wanamaker Playhouse, la seconda sala al coperto costruita più di recente su modello dei teatri cosiddetti “privati” di epoca giacomiana. Le performances allestite nei due spazi dello Shakespeare’s Globe sperimentano in molti modi con le condizioni originali del teatro per il quale scrivevano il Bardo e i suoi contemporanei, regalando un’esperienza unica. Ma gli spettacoli non sono l’unica opportunità che il Globe ha da offrire: il loro Research & Education Department è uno dei più attivi nel Regno Unito, e propone un programma estremamente vario. Durante i tre giorni di corso intensivo, gli studenti hanno avuto l’opportunità di affrontare A Midsummer Night’s Dream, Othello e The Tempest attraverso diversi tipi di approcci didattici.
Il programma ha incluso lezioni frontali e discussioni sui testi scelti, confrontati con brani estrapolati da opere letterarie ma anche dalla trattatistica coeva, come ad esempio The True Law of Free Monarchies di Re Giacomo Ie Christian Economie di William Perkins. Un focus particolare è stato riservato a tematiche di taglio politico e socio-culturale quali le categorie di genere e il matrimonio, la questione della “razza”, l’idea di ordine sociale: oltre ad assistere ad alcune lezioni frontali introduttive (a cura di Hanh Bui, docente e ricercatrice in servizio presso lo Shakespeare’s Globe), gli studenti sono stati coinvolti in round tables di confronto, durante le quali hanno potuto esprimere il loro punto di vista sui vari argomenti toccati e partecipare attivamente al dibattito.
Il corso prevedeva inoltre dei momenti di lavoro pratico durante le quali gli studenti hanno potuto affrontare degli estratti dei testi in programma in modo non convenzionale, attraverso sedute di training specialistico volte a farne emergere la fisicità: lettura performativa (Peter Hamilton Dyer), movimento (Simone Coxall) e voce (George Ryan). Nonostante la maggior parte degli allievi non avesse familiarità con l’ambiente teatrale, i professionisti dello Shakespeare’s Globe sono riusciti, in relativamente poco tempo, a fornire delle basi di recitazione e a coinvolgere gli studenti in attività che non avevano mai sperimentato prima di quel momento.
“Le lezioni, oltre a trasmettere una conoscenza sul Globe e sull’attività teatrale, hanno permesso a tutti noi di compiere un viaggio introspettivo volto alla percezione di noi stessi e all’espressione della nostra persona.”
Gli studenti durante le lezioni di movimento e voce
Walking the Text
È stata inoltre offerta agli studenti l’occasione di assistere al nuovo allestimento di A Midsummer Night’s Dream sul palco del Globe Theatre stesso, che avevano precedentemente visitato assieme alla Sam Wanamaker Playhouse: è stata ritenuta da tutti un’esperienza particolarmente appagante che ha lasciato un’ottima impressione e, soprattutto, numerosissimi spunti di riflessione e ispirazione.
Visita alla Sam Wanamaker Playhouse
Gli studenti hanno inoltre avuto la possibilità, nel tempo libero, di esplorare Londra e partecipare a varie attività extracurriculari tra le quali: visite al British Museum e alla Tate Modern, passeggiate nel quartiere letterario di Bloomsbury, la visione di musical nei teatri del West End, la salita all’ultimo piano dello Sky Garden per godere di una vista mozzafiato della città.
“Visitare Londra è stato come vedere finalmente dal vivo un amico di penna che si conosceva solo attraverso le lettere che vi scambiavate: allo stesso modo, camminare per gli stessi luoghi dove ha vissuto e scritto il Bardo può essere considerato un completamento di ciò che ormai da anni leggevo nei libri.”
Il viaggio è stato un successo: oltre che un’occasione di profondo apprendimento, di cui sono testimonianza anche i contributi raccolti in questo dossier, è stata anche un’opportunità che ha avvicinato tra di loro gli studenti, messi alla prova da un’esperienza fuori dalla loro comfort zone, e ha permesso loro di immergersi nella cultura che studiano consolidando e potenziando le proprie competenze linguistiche e accademiche.
“Alla fine di questo percorso si è riuscito a percepire tra di noi un senso di comunità simile a quello che unisce gli spettatori davanti a una performance sul palcoscenico del Globe.”
Commenti di Sara Anna Maria Gutkowska.
Foto e video di Sara Soncini.
La nostra Tempesta
di Monica Di Cuonzo
Questo testo racconta il nostro viaggio studio a Londra attraverso la trama e i personaggi di The Tempest. Si tratta di una rilettura metaforica che non ha come unico scopo quello di riassumere i momenti principali dell’esperienza, ma vuole semmai sviluppare una possibilità di lettura alternativa e non convenzionale che è emersa durante le riflessioni di fine corso: Prospero è davvero l’antagonista? Gli avvenimenti del primo atto costituiscono davvero una sventura? Perché è così difficile nutrire simpatia nei confronti del mago-regista-drammaturgo di Shakespeare? È così che ribaltiamo qui la sua malvagità e vi presentiamo una Prospera-energia universale che ci guida nel nostro corso di studi, nel nostro lavoro, nella nostra vita, e che dobbiamo imparare ad assecondare.
Istruzioni per l’uso: le indicazioni tra parentesi graffe, a mo’ di didascalia, aiutano il lettore a cogliere i parallelismi con l’opera di Shakespeare. Cliccando sul testo si possono visualizzare i versi della Tempesta che rimandano a situazioni, sensazioni o episodi analoghi.
Era un giorno di febbraio quando la professoressa Soncini si accorse della possibilità di mettere in pratica un progetto didattico a Londra incentrato sul teatro; si sarebbe svolto al Globe Theatre; servivano solo venti ragazzi, lei li avrebbe accompagnati, bastava coinvolgerli. Da lì a poco fu felice di dare la notizia e il progetto iniziò a prendere forma. Molti pensieri e dubbi iniziarono ad annebbiare la mente della Prof: non era semplice come sembrava; lei temeva che la realizzazione di questo progetto potesse comportare un gran dispendio di energie e denaro; per esperienza personale sapeva quanto fosse difficile organizzare tutto in tempi stretti. Con i giorni sorsero tanti ostacoli: i passaporti, le lettere motivazionali, stabilire i criteri di selezione. La Prof pregava il destino di non rendere tutto così complicato, di fermare tutto questo caos.
Ma la Prof ignorava che il Destino Prosperoso avesse previsto tutto; ogni cosa doveva accadere per un motivo, tutto quanto era solamente un puzzle ancora scomposto. Martedì 30 maggio i ragazzi e la Prof partirono per l’Isola Londinese entusiasti ed emozionati; quando uscirono dall’aeroporto raffiche di vento gelido sferzavano i loro volti; le loro valige erano piene di vestiti primaverili (pensavano di poter godere di temperature più “africane”); il loro pullman non arrivava mai. Il cielo non sembrava proprio intenzionato a dar loro il benvenuto: era grigio e minacciava di piovere da un momento all’altro; i ragazzi si demoralizzarono. Quando finalmente arrivarono in città, si sistemarono in ostello; nonostante il clima non li invogliasse, diedero inizio al loro tour londinese. A corto di mezzi subentrò l’ingegno: chi comprò un cappellino, chi usò tutte le maglie che si era portato, chi prestò qualche capo d’abbigliamento, comunque tutti riuscirono a sopravvivere allo shock termico.
Il corso presso il Globe Theatre aveva un tempo: alle 18 in punto di sabato 3 giugno sarebbe terminato.
Prospero aveva stabilito cinque giorni essere sufficienti per portare a termine quanto aveva in mente. Ma non sarebbe stato solo, poteva avvalersi dell’aiuto di Ariel reincarnatosi nel team di insegnanti del Globe per far sì che la ciurma di studenti portasse a compimento il programma.
Così Ariel, che assume tutte le forme e le consistenze, si presentò via via agli studenti, nelle vesti degli insegnanti del Globe. Il primo giorno Prospero condusse i ragazzi all’ingresso del teatro e li affidò al primo aiutante che si occupava di tutte le lezioni teoriche del mattino, la dottoressa Hanh Bui. “Con lei abbiamo avuto l’opportunità di fare una riflessione generale sui temi ricorrenti nelle opere di Shakespeare quali razza, genere e (dis)abilità”. Nel pomeriggio gli studenti incontrarono Peter Hamilton Dyer, un attore professionista. “Peter ci ha portato dentro al Globe. Quando ha aperto una delle porte d’accesso del teatro siamo rimasti sbalorditi: i colori, il silenzio, il profumo. Sembrava di trovarsi in un mondo dentro a un altro mondo. Ci ha spiegato l’importanza della struttura e ce l’ha fatta vivere da tutti i punti di osservazione del palco, invitandoci ad ascoltare le sensazioni che ci trasmetteva sedere in balconata piuttosto che assistere dalla platea davanti al palcoscenico. È stato un onore aver conosciuto il Globe senza pubblico, solo lui e noi”.
Il secondo giorno Prospero doveva introdurre un nuovo modo di accostarsi allo studio di Shakespeare con cui i ragazzi sicuramente non avevano mai avuto a che fare. Per questo, si avvalse dell’esperienza di Peter: si trattava di avviarli ad una comprensione olistica del testo, insegnando loro l’importanza dei suoni, di ciò che evocano le parole, e il ruolo fondante che gioca la metrica. “Abbiamo iniziato a camminare nella stanza a ritmo del testo e a sillabare i versi battendo i pugni sul pavimento.”
“Ci siamo potuti rendere conto che, sebbene sul foglio il testo appaia immobile e piatto, in realtà è un’unità complessa che nasconde dentro di sé tanti segreti: tutto ha una funzione precisa, il testo è vivo e non è interpretabile solamente con la voce deve essere letto anche con il corpo”.
La sera i ragazzi assistettero alla rappresentazione di A Midsummer Night’s Dream. Per molti di loro era la prima volta a teatro.
A volte il destino fornisce l’esperienza e solo dopo dà la lezione; per loro fu il contrario, e poterono non solo divertirsi, ma anche osservare con occhio critico quanto appreso durante il corso. Anche la Prof era entusiasta nel vedere il coinvolgimento dei suoi alunni.
Il terzo giorno agli studenti venne data la possibilità di confrontarsi con i loro “mentori” su alcuni particolari della messa in scena della sera prima. Poi vennero portati nella Sam Wanamaker Playhouse: “è un teatro al chiuso di dimensioni nettamente inferiori al Globe, in cui vengono messi in scena spettacoli a lume di candela. I colori sono più freddi, l’ambiente si presta per spettacoli di tono più cupo, il pubblico è molto più vicino agli attori. Al variare di tutti questi fattori anche le tecniche di recitazione cambiano”. Nel pomeriggio Prospero volle presentare loro un’altra versione di Ariel nelle vesti di George Ryan. “George ci ha portato in uno spazio adibito alle prove degli spettacoli: ricordava la forma del palcoscenico e c’erano anche le due colonne del Globe. Lì ci siamo esercitati nelle tecniche per modulare e indirizzare la voce.
Poi George ci ha incoraggiato a stabilire una relazione con un pubblico immaginario, con i nostri compagni e con gli spazi disponibili. Sebbene ci chiedesse di immaginare è stato molto realistico. Abbiamo percepito il grado di complessità della preparazione teatrale, abbiamo sentito un ventaglio di emozioni diverse: imbarazzo, inadeguatezza, poi lasciarsi andare, il piacere di lasciar venir fuori la voce, la gioia di esprimersi senza freni. Abbiamo riso tanto.
Fino a che non ci ha chiesto di recitare una strofa a coppie.
Allora abbiamo riso anche di più.”
Sebbene Ariel avesse terminato il suo lavoro, Prospero gli chiese un’ultima cosa: di concedere un vento favorevole a questi studenti, durante e dopo il loro rientro in Italia; che questo vento potesse riunirli nuovamente per continuare ad arricchire il bagaglio che stavano per riportare a casa.
Ariel, prontamente, eseguì.
“This island’s mine”
di Benedetta Marianelli, Anna Cabriolu Puddu, e altri membri del gruppo
La parola ai critici: il Sogno del Globe Theatre
di Pierpaolo Stasi
Durante il soggiorno a Londra abbiamo assistito alla messinscena di A Midsummer Night’s Dream, uno dei tre testi affrontati a livello sia teorico che pratico nell’ambito del corso intensivo organizzato per noi dallo Shakespeare’s Globe. Si presenta qui una rassegna delle recensioni uscite sui principali quotidiani e sulla stampa specializzata, accompagnata dalle mie personali impressioni di spettatore “in erba” e da alcune riflessioni conclusive su ciò che questa esperienza ha rappresentato per me e per i miei compagni di viaggio.
Rebecca Root, Tanika Yearwood, Lizzie Schenk, Marianne Oldham, Anne Odeke, Sarah Finigan e Molly Logan in A Midsummer Night’s Dream, Shakespeare’s Globe, 2023. ©Helen Murray
Per cominciare, alcuni dati tecnici sul cast e la produzione. L’allestimento di A Midsummer Night’s Dream di cui abbiamo visto la replica del 1 giugno 2023 al Globe era diretto da Elle While e interpretato da Michelle Terry (Puck), attuale direttore artistico dello Shakespeare’s Globe, Mariah Gale (Bottom), Francesca Mills (Hermia), Vinnie Heaven e San Crerar (rispettivamente Demetrius e Lysander), Isobel Thom (Helena), Jack Laskey (Oberon e Theseus), Sarah Finigan (Egeus e Snug), Marianne Oldham (Titania), Anne Odeke (Hyppolita), Rebecca Root (Quince), Tanika Yearwood (Snout e Mustardseed) e Molly Logan (Flute). La scenografia era di Wills (Paul Williams), le musiche di James Maloney e i costumi di takis.
Il primo punto di forza sottolineato dalla critica a proposito della nuova produzione del Globe è l’interpretazione del Sogno in chiave “dark”, come sottolinea la penna dell’Evening Standard lodandone il sapiente equilibrio tra comicità e toni cupi. Questa impressione deriva dalla presenza nello spettacolo di elementi a cavallo tra il bizzarro e l’inquietante, tra cui ad esempio le voci animalesche e riverberate volte a riprodurre i suoni della foresta in cui è ambientata la vicenda. Al riguardo, il critico di Time Out parla di una “cacofonia di suoni e voci distorte” che infonde una sfumatura lugubre nel mondo magico e misterioso delle fate. Anche la recensione del Telegraph si sofferma sulla rappresentazione della magia come forza sinistra e malevola, evidente soprattutto nei personaggi di Lysander e Demetrius, la cui passione amorosa per Hermia ed Helena assume contorni violenti e possessivi, quasi che i due fossero spinti da un incantesimo maligno.
Un altro aspetto molto apprezzato dalla critica è la versione di Puck offerta da Michelle Terry: una creatura da incubo più che da sogno, nella sintesi di Sam Marlowe per The Stage. Se Puck è, già nel testo di Shakespeare, un personaggio dispettoso oltre che un po’ pasticcione, lo spettacolo del Globe ne accentua il lato malevolo, mostrandoci uno spirito che con piacere quasi sadico gode nel tormentare le fate e nel creare scompiglio fra gli umani con la sua magia. A mitigare, almeno in parte, il lato oscuro del personaggio interviene lo humour, un sarcasmo che il critico dell’Evening Standard definisce “pungente”. La recensione del Guardian, invece, si concentra maggiormente sulla presenza scenica del personaggio, esaltandone le movenze fluide e repentine e il modo in cui queste riescono a trasmettere un’idea di disordine che risulta perfettamente in linea con l’interpretazione complessiva della vicenda e dei suoi protagonisti. Sulla stessa falsariga Matt Wolf che, dalle colonne del London Theatre, elogia la costante interazione di questo Puck non solo con gli altri personaggi, ma con l’intero ambiente sonoro dello spettacolo, elemento che ne consolida la presenza dominante in scena. Suggestivo anche il commento del critico del Times sull’entrata in scena di Puck: lo spirito emerge da una botola avvolto da una nube di fumo che anticipa la natura stessa delle sue parole, anch’esse leggere come l’aria e così distanti dagli schiamazzi e dalle urla che caratterizzano invece gli altri personaggi.
Michelle Terry nel ruolo di Puck in A Midsummer Night’s Dream; Shakespeare’s Globe, 2023. ©Helen Murray
Ai miei occhi, il Puck di questo Sogno poteva ricordare anche un serial killer in stile Freddy Krueger: le nervature della maschera di legno indossata da Michelle Terry mi hanno fatto pensare alle ustioni e alle cicatrici che solcano il volto del protagonista della saga di Nightmare, mentre i ramoscelli attaccati alle mani dell’attrice mi sono sembrati un possibile riferimento agli artigli affilati del celeberrimo villain creato da Wes Craven. Entrambi agiscono nel mondo dei sogni trasformandoli in terribili incubi e tormentando i mortali per divertimento. Condivido anche il paragone con il personaggio del Grinch proposto da Kate Wyver nella sua recensione per il Guardian, dato che anche quest’ultimo è noto per il suo aspetto inquietante e per il suo umorismo, due elementi che lo rendono un antieroe stravagante, irrequieto e malinconico accostabile a Puck.
Un altro personaggio sul quale si è appuntata l’attenzione della critica è Hermia, interpretata da Francesca Mills, affetta da una forma di nanismo. Oltre a dare spazio a un’attrice di indubbio talento, con questa scelta la produzione ha voluto creare un collegamento diretto tra i maltrattamenti che Hermia subisce da parte di Lysander e Demetrius – i “bulletti della situazione”, secondo la firma del Guardian – e la sua condizione fisica, rendendo così particolarmente odiosi e offensivi i loro attacchi verbali: soprattutto quando Demetrius si rivolge sprezzante alla ragazza apostrofandola con “dwarf” e lasciando impietrito il pubblico intero. Distanziandosi dalle altre recensioni, il Times punta il riflettore non sulla apparente fragilità ma, al contrario, sulla forza quasi virile che sprigiona questa Hermia, capace di badare a sé stessa e di tenere testa agli attacchi dei personaggi maschili.
Francesca Mills nel ruolo di Hermia in A Midsummer Night’s Dream, Shakespeare’s Globe, 2023. ©Helen Murray
Questo rovesciamento dei tradizionali attributi di genere è, d’altronde, la cifra stessa di una produzione che dà particolare rilievo scenico ai personaggi femminili e permette loro di dominare le situazioni in cui agiscono. Personalmente ho apprezzato questa scelta a mio avviso coraggiosa, e ho trovato efficace il modo in cui la produzione sovverte le nostre aspettative in merito a una Hermia che ci appare indifesa, ma poi ci sorprende con il suo carattere deciso.
Alto indice di gradimento tra i critici anche per i costumi realizzati da takis, stilista di fama internazionale, che ha optato per un mix di riferimenti storici e culturali al fine di dare una caratterizzazione individuale a ogni personaggio. Per rendere l’idea dello strano amalgama di stili, l’Evening Standard parla di un incrocio tra abiti di foggia elisabettiana e gli outfit che indossavano certi cantanti pop nei primi video musicali degli anni ’80. Il critico del Telegraph osserva con una punta di sarcasmo che, con la sua tuta di sapore glam-rock, questo Oberon assomigliava non tanto a un re delle fate quanto piuttosto a un concorrente dell’Eurovision. Fa storia a sé il costume di Puck, paragonato dal critico del London Theatre a una creatura proveniente dal mondo di Alexis Rockman, artista statunitense contemporaneo celebre per i suoi paesaggi immaginari. Come si è già accennato, Michelle Terry indossa un costume decorato con foglie e rami che terminano in artigli affilati in corrispondenza delle mani, e una maschera lignea coperta di muschio e sterpi che le nasconde interamente il volto, mimetizzando anche gli occhi che a malapena si intravedono dai due fori. Visivamente, questo Puck sembra fondersi con la decorazione scenica tutta giocata sulla vegetazione che invade il palco e si arrampica sulle iconiche colonne che sorreggono la tettoia del Globe.
Ho trovato i costumi molto efficaci: la costellazione di colori e forme esaltava la notevole eterogeneità dei personaggi di questo dramma, e il costume di Puck, con le sue linee nodose, intricate e inquietanti, riusciva a trasmettere perfettamente il senso di mistero e inquietudine legato alla sua magia. A differenza di quanto rilevato dal Telegraph, anche il costume di Oberon mi è parso azzeccato e coerente con il personaggio, in particolare per le forme accentuate che mi hanno fatto pensare alle iperboli pittoriche barocche, uno sfoggio di fasto e ricchezza che ben si addice alla sua statura regale.
Concludo la mia rassegna sottolineando quanto questa esperienza di teatro dal vivo abbia cambiato la prospettiva mia e dei miei compagni in merito al teatro di Shakespeare. La possibilità di entrare in contatto con un team di professionisti e di assistere a uno spettacolo al Globe Theatre ci ha permesso non solo di penetrare più a fondo nei testi che avevamo studiato, ma di viverli con tutti i nostri sensi. Abbiamo letteralmente respirato l’aria del mondo del teatro e appreso alcune tecniche di base relative al movimento, all’interpretazione del testo e all’utilizzo corretto della voce, grazie alle quali è stato possibile entrare in contatto intimo, fisico con le parole di Shakespeare. Questo approccio è stato a mio avviso utile anche sul piano dello studio accademico dei testi; sicuramente quando mi capiterà nuovamente di affrontare un passo di Shakespeare ripenserò agli insegnamenti del Globe e questo mi aiuterà a leggere con l’anima, con passione, quello che altrimenti rischierebbe di rimanere solamente un pezzo di carta. Ritengo che questo sia un atteggiamento fondamentale per riuscire a riflettere a tutto tondo sulle opere letterarie, per viverne e comprenderne i diversi aspetti, e per apprezzarne fino in fondo il messaggio e la qualità artistica.
Si ringrazia l’Ufficio Stampa dello Shakespeare’s Globe per avere gentilmente concesso l’autorizzazione a riprodurre le immagini dello spettacolo.
“Puck, thou art translated!”: una proposta di traduzione collettiva
di Susanna Capannini, Zelinda Puccioni, Camilla Paola Santi e Grzegorz Zdzisław Witkowski
A Midsummer Night’s Dream è una delle commedie più iconiche e rappresentate di Shakespeare, e ha conosciuto innumerevoli edizioni e traduzioni. In questo articolo viene proposta una traduzione originale del monologo di Puck nell’Atto Secondo, Scena Seconda (vv. 70-87), uno dei passi che abbiamo affrontato durante l’esperienza di analisi e interpretazione di testi shakespeariani al Globe Theatre. La traduzione è accompagnata da un breve resoconto del processo di lavoro collettivo che ha portato alla versione finale qui proposta.
A Midsummer Night’s Dream, II.ii.70-871
- Through the forest have I gone;
- But Athenian found I none
- On whose eyes I might approve
- This flower’s force in stirring love.
- Night and silence—Who is here?
- Weeds of Athens he doth wear:
- This is he my master said
- Despised the Athenian maid;
- And here the maiden, sleeping sound,
- On the dank and dirty ground.
- Pretty soul, she durst not lie
- Near this lack-love, this kill-courtesy.
- Churl, upon thy eyes I throw
- All the power this charm doth owe:
- When thou wak’st, let love forbid
- Sleep his seat on thy eyelid.
- So awake when I am gone;
- For I must now to Oberon.
- Per la foresta sono andato
- Ma ateniesi non ho trovato
- Sui cui occhi appurare
- Di questo fiore2 la forza d’amore.
- Notte e silenzio—chi abbiamo qui?
- Un ateniese, da come è vestito:
- Di costui il padrone3 mi parlò,
- Che la fanciulla ateniese disprezzò;
- Invece qui lei, serena, riposa
- Sulla terra fredda e fangosa.
- Anima gentile! Non ha osato
- Accostarsi a questa brutta bestia, questo sciocco screanzato.
- Villano, sui tuoi occhi riverso
- Tutto il potere di questo amuleto.
- Per l’amore ti desterai
- Per lui del sonno ti priverai:
- Quando ti sveglierai non ci sarò
- Poiché da Oberon tornar dovrò.
È stato chiaro fin da subito che, essendo questa una traduzione effettuata da studenti e non da un gruppo di professionisti, sarebbe stato necessario che ogni partecipante svolgesse una buona parte di lavoro individuale. Il primo passo è stato stilare quattro diverse proposte di traduzione a seguito di una lettura approfondita dell’estratto originale, da utilizzare come base di partenza su cui lavorare durante il primo incontro. Per assicurare la buona riuscita dell’impresa sono state messe in atto varie strategie. In primis, il testo originale è stato letto in gruppo, così da creare una familiarità fra traduttori e opera. In seguito, le traduzioni individuali sono state confrontate e discusse, in modo da evidenziare eventuali debolezze e punti di forza, capire a quali caratteristiche testuali dare la priorità e decidere quale direzione imprimere al testo in italiano. Ovviamente, questa è stata una delle fasi più impegnative, ma anche la più dinamica; avere quattro persone al lavoro su un estratto così breve ha stimolato numerose discussioni anche su singoli lemmi, come verrà illustrato in seguito. La traduzione finale doveva necessariamente risultare unitaria, e integrare le idee di ognuno senza che emergessero discontinuità nella resa è stato alquanto laborioso. Dopo aver stilato una versione definitiva, anche questa è stata sottoposta ai metodi di lettura applicati precedentemente al testo originale: in questo modo le due versioni sono state paragonate in maniera esaustiva, prestando particolare attenzione, oltre che al piano semantico, alla possibile resa del tetrametro trocaico rimato (che si è cercato di replicare tramite il mantenimento dei distici) e alla fonetica, due aspetti a cui è stata data molta rilevanza durante i laboratori pratici organizzati dal Globe Theatre.
La ricerca di una semantica ottimale è stata un processo fondamentale per la resa finale della traduzione, diventando molte volte il centro di approfondite analisi, di cui si riportano di seguito alcuni esempi.Verificato su diverse fonti, il lemma churl (v. 82) è usato per indicare una persona rude, maleducata e, in generale, appartenente al ceto sociale più basso. Due opzioni erano state prese in considerazione per la sua resa: “plebeo” e “villano”. Dopo aver discusso su cosa comportasse una o l’altra opzione a livello semantico e in relazione al personaggio di Puck, “villano” è sembrata la scelta più adatta, in quanto permette di rendere ancora più evidente la critica pronunciata dal fedelissimo di Oberon, senza però perdere il riferimento alla specifica classe sociale.
Senza dubbio, la natura teatrale del monologo non poteva essere trascurata. Prendendo in esame i versi Upon thy eyes I throw / All the power this charm doth owe (vv. 82-83), si è ritenuto importante evidenziare la fisicità dell’azione e del contesto di enunciazione rispetto a una resa semantica e più letterale: nonostante il termine “lanciare” fosse un corrispettivo semanticamente più accurato di throw, sarebbe risultato innaturale nel contesto del monologo e poco convincente in relazione al concetto di “amuleto”, anche ricordandosi che throwing a spell è più un’espressione idiomatica che l’effettiva descrizione di un’azione. Per risolvere questo tipo di incertezze è fondamentale stabilire una gerarchia di priorità: in questi due versi, è più rilevante il concetto di throwing o la concretezza di charm? Le risposte potrebbero differire a seconda dei diversi traduttori, ma pensando a un’ipotetica rappresentazione teatrale in cui gli attori potrebbero avere a disposizione degli oggetti di scena e un reale “fiore-amuleto”, l’importanza di rendere con precisione l’azione di “lanciare” passa in secondo piano.
Durante il processo traduttivo è ripetutamente capitato di incorrere in dubbi riguardanti la scelta di alcuni termini specifici. Per tradurre in modo concettualmente accurato, ma evitando di trascurare la ritmica e la poeticità dell’opera originale, è stato necessario ricorrere a rese più creative del testo, e a processi definibili “di traduzione libera”, un aspetto che è risultato molto stimolante. Di seguito sono mostrati e brevemente commentati i parametri ed il ragionamento secondo cui si è giunti a privilegiare alcune possibilità rispetto ad altre.
Inaspettatamente, il primo punto su cui ci si è dovuti soffermare a lungo è stato Weeds of Athens he doth wear (vv. 75), la cui resa ha creato non pochi dilemmi: ci siamo chiesti che cosa fosse opportuno enfatizzare, semantica o ritmo. Inizialmente era stata prediletta la prima, ma questo andava a scapito del ritmo della battuta. La scelta finale ha preferito invece mettere in risalto proprio questo aspetto, nonostante il risultato non combaci perfettamente. Traducendo il frammento con Un ateniese, da come è vestito (passivizzando dunque l’intera battuta grazie l’unione del complemento di specificazione of Athens con il soggetto he in modo da formare l’oggetto Un ateniese), si è ottenuto un risultato che intendeva rispettare le caratteristiche ritmiche e metriche del verso originale.
Successivamente è stato necessario riflettere sull’estratto And here the maiden sleeping sound (v. 78): sono state valutate diverse opzioni di traduzione di questo verso, dividendolo in due parti quali And here the maiden e sleeping sound. Per quanto riguarda il primo segmento, “Ed ecco” come traduzione di And here è stata presa seriamente in considerazione e dibattuta a lungo, per essere infine scartata in quanto ritenuta non in linea con il registro adottato nel resto del monologo. L’ellissi di the maiden era quasi perentoria: avendo “la fanciulla” nel verso precedente, non era necessario marcare nuovamente la condizione di Hermia, appena esplicitata. Il secondo segmento ha richiesto invece una riflessione più elaborata: è stata valutata una possibile traduzione con struttura Avv+V (“serenamente riposa”), successivamente sostituita con Agg+V (“serena riposa”) per rendere il ritmo del monologo più scorrevole e vicino alla metrica originale.
Sempre a proposito della traduzione di passaggi semanticamente chiari in inglese, ma potenzialmente ambigui nella resa in italiano, per She durst not lie / Near this lack-love, this kill-courtesy (vv. 80-81) è stato scelto il verbo riflessivo “accostarsi” come corrispettivo di lie, in quanto il più letterale “giacere” presenta una connotazione erotica che nel testo originale non è presente. Inoltre, “giacere” avrebbe suggerito un possibile rifiuto da parte di Helena (in realtà Hermia) del giovane Demetrius (in realtà Lysander), che non trova corrispondenza nel testo. Inizialmente kill-courtesy è stato inteso, da un lato, come un “corteggiamento defunto”, intendendo che il corteggiamento da parte del giovane Lysander nei confronti di Hermia è morto e non esisterà più, mentre dall’altro come un “corteggiamento assassino”, perché si pensava a un atteggiamento che porta alla morte della persona corteggiata. Successivamente, è stata valutato di tradurre kill-courtesy come “mancanza di cortesia”, poiché “cortesia assassina/defunta” non rendeva la semantica del modello shakespeariano, né rispettava la metrica originale. Tuttavia, nella versione definitiva si è deciso di enfatizzare il ritmo e le allitterazioni presenti nei versi originali e considerare delle opzioni meno puntuali dal piano semantico, scartando, di conseguenza, tutte le opzioni precedenti. Dopo un’accurata selezione dei termini, la scelta è ricaduta su espressioni piuttosto crude, ma efficaci sul piano ritmico e sonoro, ovvero brutta bestia per lack-love e sciocco screanzato per kill-courtesy.
La traduzione degli ultimi quattro versi (vv. 84-87) ha rappresentato forse il momento più importante dal punto di vista creativo: l’obiettivo era cercare di mantenere sia il concetto che voleva trasmettere l’autore, sia il ritmo. Su quest’ultimo si sono incentrati buona parte dei laboratori pratici svolti al Globe Theatre attraverso esercizi che hanno puntato i riflettori sul movimento, sulla fisicità e sulla voce, affiancandosi all’interpretazione e lettura dei testi: esercizi come “walking the text”, o lo scandire il ritmo del testo per “fisicalizzarlo” sono risultati estremamente utili, specialmente per confrontare la cadenza della traduzione con quella del passo in inglese. Per fare in modo che la resa di questi versi fosse concettualmente vicina a quella dell’opera originale e allo stesso tempo ritmicamente combaciante con essa, si è ritenuto necessario optare per una traduzione libera, in modo da mantenere entrambe le caratteristiche senza che la versione in italiano risultasse forzata o poco credibile. Era inoltre fondamentale che quest’ultima riecheggiasse l’incantesimo che Puck lancia ai due personaggi in Villano, sui tuoi occhi riverso / Tutto il potere di questo amuleto (vv. 82-83): per rendere questa atmosfera è dunque stata inserita alla fine di Quando ti sveglierai non ci sarò / Poiché da Oberon tornar dovrò (vv. 86-87) una coppia di verbi in rima, conferendo così alla chiusa un tono oracolare appropriato alla figura di Puck.
Si potrebbe quasi dire che questo lavoro sia stato, anche se inconsapevolmente, strutturato in due fasi: la prima, di taglio più formativo, al Globe Theatre, e la seconda, di applicazione delle conoscenze sviluppate durante il progetto una volta rientrati a Pisa. Ciò che si è stato cercato di ottenere da questo processo di analisi e traduzione è un prodotto che il più possibile rispettasse l’opera originale, la sua autenticità e i suoi protagonisti. Ogni scelta è stata fatta prendendo in considerazione sia le singole parole e come queste si legano tra loro, sia una possibile rappresentazione basata su ciò che esse evocano. Il prodotto finale, qui illustrato e descritto, vuole idealmente essere la versione che meglio sintetizza tutte queste esigenze in una traduzione funzionale a livello sia linguistico che performativo.
- L’edizione inglese utilizzata è quella della Arden Shakespeare Third Series (2017).
- Il “fiore magico” a cui si fa riferimento è stato dato da Oberon, Re delle Fate, a Puck, perché faccia innamorare Demetrius di Helena e punirlo così per il suo scortese rifiuto nei confronti della giovane.
- Nel testo originale Puck riporta un discorso indiretto da parte di Oberon, che nella traduzione è stato eliminato in modo da poter avere la rima ai vv. 76-77. Inoltre, my (v. 76) è stato omesso a vantaggio della metrica.
“Through the forest have I gone… ”: Puck a fumetti
di Roberta De Cicco
Questo lavoro rappresenta il mio modo di chiudere il progetto iniziato a Londra, e di rendere in forma diversa uno dei testi teatrali e dei personaggi che più ha accompagnato me e i miei compagni di viaggio durante quella settimana.
Come sarà palese dalla qualità delle tavole, non sono una disegnatrice professionista; a dire la verità, ho comprato la tavoletta grafica appositamente per realizzare questo progetto. Il mio intento non era certamente quello di creare un prodotto esteticamente perfetto, ma solo quello di restituire qualcosa dell’atmosfera della foresta buia e incantata, sempre cangiante, di A Midsummer Night’s Dream, e del personaggio di Puck, anch’esso strano e indefinito, interpretabile in mille modi. L’edizione da cui ho tratto i testi è un souvenir acquistato al Globe Theatre: anche se i lettori non lo coglieranno, per me aggiunge ai disegni un legame materiale con il teatro in cui ho visto recitare questo monologo.
Per finire, questo è anche un ringraziamento a chi mi ha permesso di vivere questa esperienza, ai miei compagni d’avventura e al personale del Globe Theatre di Londra che ci ha seguito in quei giorni.
Desdemona: dal testo allo schermo
di Zelinda Puccioni
Questo lavoro si concentra sulla figura di Desdemona, di cui viene indagata dapprima la rappresentazione testuale, attraverso alcune considerazioni sulla costruzione del personaggio e sul contesto sociale in cui si colloca, per passare poi all’analisi di due classici della filmografia shakespeariana, l’Othello di Orson Welles (1951) e quello, di poco successivo, di Sergej Jutkevič (1956), dai quali emergono due incarnazioni di segno opposto della protagonista femminile della tragedia.
1. Nel testo
In un primo momento, nella tragedia di Shakespeare, i personaggi di Desdemona e Othello sembrano perfettamente complementari. Dopo aver vissuto terribili esperienze, come prigionia e schiavitù, il maturo generale riesce a trovare qualcuno che provi compassione per le sue vicissitudini (“She loved me for the dangers I had passed, / And I loved her, that she did pity them”, I.iii.178-791), ammirandone al contempo il coraggio (“She wished she had not heard it, yet she wished / That heaven had made her such a man”, 164-65). In quest’uomo segnato dalla vita che si è trovato a condurre, la giovane veneziana vede forse un compagno in grado di comprendere e assecondare la sua intraprendenza, e grazie al suo carattere curioso i due si avvicinano. “With a greedy ear” (150), Desdemona divora i racconti di Othello e, pur di ascoltarlo, trascura le sue incombenze domestiche o le porta a termine in fretta e furia. Ne è completamente affascinata e, in uno slancio di condivisa audacia, i due si sposano in segreto.
Il matrimonio che li lega si dimostra vantaggioso per entrambi: per Othello, rappresenta il definitivo riscatto sociale, la conferma di essersi definitivamente lasciato alle spalle il suo passato da schiavo; Desdemona, dal canto suo, con questa scelta temeraria prende in mano la sua vita, scegliendo di sottrarsi ai doveri che le impone il sistema patriarcale. A differenza di quanto ritenga Brabantio, non è la “witchcraft” ma la sua autonoma volontà a portarla a ribellarsi alla condizione subalterna di figlia per abbracciare il nuovo ruolo di moglie.
I due protagonisti della tragedia sono accomunati anche dalla costruzione della propria identità, che poggia sulla loro devozione a una particolare autorità o ruolo. La condizione di Othello è strettamente definita dal “servire” la repubblica veneziana e il genere maschile (come emerge dalla battuta che pronuncia nel finale, mentre si accinge a uccidere la moglie fedifraga: “Yet she must die, else she’ll betray more men”, V.ii.6). Ogni sua azione sarà regolata dalla necessità di provare la sua obbedienza a queste due autorità, una forma anche questa di asservimento che lo porterà, alla fine, a compiere due gesti estremi: uccidere Desdemona e porre fine alla propria stessa vita. Anche Desdemona è caratterizzata in modo simile, seppur con esiti diversi. Se la fedeltà di Othello fin dall’inizio si manifesta tramite gesti di obbedienza (come precipitarsi a Cipro per difendere Venezia dalla minaccia ottomana), il ruolo di moglie appena acquisito spinge subito Desdemona a un atto di ribellione. Nel rivolgersi al padre per difendere il suo nuovo status, usa un lessico tipicamente legato alla sottomissione femminile, ma con una particolarità: lemmi che rimandano a questa condizione, come duty, bound, due (I.iii.180-89), vengono affiancati al termine challenge, riferibile invece all’agire maschile2. Ciò evidenzia immediatamente il carattere forte e deciso di Desdemona, che affronta Brabantio in modo diretto e con fare sicuro. La “fair lady”(127) si dimostra un personaggio complesso fin dal suo primo ingresso in scena e continua ad arricchirsi di nuove sfaccettature nel corso della vicenda.
Al contrario, infatti, del protagonista maschile, che si evolve in modo sostanzialmente lineare lungo una traiettoria che lo porta alla completa follia, il personaggio di Desdemona conosce uno sviluppo più articolato. Ciò è dovuto al modo in cui il suo processo di affermazione tramite l’assunzione del ruolo di moglie si manifesta in relazione agli eventi della storia. Nei primi due atti, Desdemona è rappresentata come una donna volitiva e passionale, desiderosa di autoaffermazione tramite le scelte che compie. Per quanto rimanga pur sempre subordinata a una figura maschile e soggetta ai limiti del sistema patriarcale, il matrimonio con Othello può essere a buon titolo considerato un gesto di emancipazione, dal momento che è Desdemona a decidere di assumere il nuovo ruolo di moglie. È pronta a lasciare il padre e la patria per portare avanti questa scelta, rivendicandone gli oneri insieme ai piaceri. La sua determinazione non l’abbandona nella fase centrale della tragedia, dove si manifesta però in forma diversa. Nel terzo atto, Desdemona usa il suo status di moglie come mezzo per perorare la causa di Cassio e convincere Othello a perdonarlo, con un’insistenza che a tratti sconfina nella petulanza. Il cambiamento maggiore però lo notiamo nell’ultima fase (quarto e quinto atto), parallelamente all’esplodere della follia del marito. Dato che Desdemona verrà a conoscenza dell’adulterio di cui è sospettata solo prima di morire, dobbiamo dedurre che le aggressioni (verbali e fisiche) subite fino a quel momento risultino per lei inspiegabili. Perché allora non reagisce con la forza che ha mostrato nella prima parte del dramma?
Se l’indipendenza e l’identità stessa di Desdemona sono strettamente legate alla scelta compiuta nel primo atto, la grinta mostrata nel giustificare la sua decisione davanti al padre può essere vista come mezzo per difendere la sua nuova “autorità di riferimento”, il marito a cui ha deciso di essere fedele e devota:
OTHELLO Why, what art thou? DESDEMONA Your wife, my lord: your true and loyal wife. (IV.ii.36-37)
Se nel quarto e quinto atto, di fronte a Othello che l’aggredisce senza fornire alcuna spiegazione, Desdemona si dimostra remissiva, incapace di reagire con l’audacia esibita in precedenza, questo diverso atteggiamento può essere ricondotto alle mutate circostanze: ora non sta più lottando per ottenere qualcosa, ma sta cercando di difendere ciò che ha già raggiunto, una propria identità e un suo ruolo sociale. Si trova a farlo, però, di fronte a chi per lei rappresenta l’attuale autorità di riferimento, Othello, e questo le impedisce di comportarsi come aveva fatto con Brabantio, la cui potestà era invece già venuta meno al momento del loro confronto. Nonostante la sua forza e la sua temerarietà, Desdemona rimane inevitabilmente sottoposta ai vincoli di un sistema patriarcale, ed è per questo che nel finale della tragedia perde la capacità di lottare che l’aveva contraddistinta inizialmente.
Sintomatica, a tale proposito, è la presenza delle lenzuola nuziali sul letto coniugale al momento del delitto. È Desdemona stessa a chiedere a Emilia di stenderle sul letto, nell’intento di dimostrare a Othello la sua fedeltà. Ma il corredo matrimoniale non impedirà al generale, ormai in preda alla follia, di compiere l’omicidio, spinto da Iago a punire la presunta infedeltà di Desdemona proprio in quello spazio così simbolico, il talamo coniugale3. Ancora una volta messi a confronto, il Moro e la fair lady interpretano il letto in modi antitetici, disonorevole infedeltà contro massima devozione. Se dunque Desdemona, sposandosi, acquisisce un nuovo ruolo con tutti i vincoli di servitù che esso comporta, la sua morte tra i simboli di questo stesso ruolo indica il completo azzeramento dell’identità che si è scelta. Il corredo nuziale sta dunque a indicare la fine e l’inizio dell’individualità e dell’essenza stessa di Desdemona.
2. Sullo schermo
La scelta di prendere in considerazione, tra le molte trasposizioni di Othello, i film di Welles e Jutkevič è dettata dal fatto che si tratta di due versioni pressoché coeve, ma provenienti da contesti, rispettivamente gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, che incarnano i due fronti contrapposti della Guerra Fredda. Anche se non direttamente riconducibile a questo scenario, la resa così diversa di Desdemona nelle due pellicole si carica comunque di significato alla luce dello scontro geopolitico di quegli anni.
Nell’opera di Orson Welles, i personaggi sono avvolti in un continuo chiaroscuro dove ombre e luci vanno a fondersi con la loro stessa natura, finendo però col bloccarli in una interpretazione statica e riduttiva del loro ruolo. Insieme a Iago, che subito viene presentato come il classico antagonista con tanto di pesante mantello nero ad avvolgerlo, Desdemona è uno dei personaggi che risente maggiormente di questa polarizzazione. Il bianco e nero, sia visivo che morale, non lascia spazio alle sfumature del personaggio e non ne evidenzia i conflitti interni. Nell’ottica dell’analisi svolta in precedenza, quella presentata nel film di Welles è solo la Desdemona del finale della tragedia: senza mai uscire dai confini semantici dell’aggettivo fair, il personaggio interpretato da Suzanne Cloutier ci appare sempre remissivo, mansueto e vestito di bianco o comunque con colori chiari. La trasposizione di Welles dà ampio rilievo alle lenzuola nuziali, dimostrando la loro interdipendenza con l’essenza della “sweetest innocent” (V.ii.197-8). Non a caso di un candido bianco come la fair lady, queste lenzuola diventano l’arma di cui Othello si serve per ucciderla, soffocandola con il simbolo stesso della sua fedeltà. Dalla scena emerge chiaramente l’identificazione tra Desdemona e le lenzuola, in quanto al momento dell’omicidio il tessuto lievemente trasparente sembra fondersi con il viso della giovane, sancendone il rapporto indissolubile con l’oggetto che incarna scenicamente il suo tragico destino.
A differenza della Desdemona monodimensionale portata sullo schermo da Welles, quella interpretata da Irina Skobtseva nell’Otello di Jutkevič si carica di molteplici sfumature. Questo è già evidente dal fatto che nel film di produzione sovietica, Desdemona si veste anche di scuro. Che si tratti solo di un particolare o di un intero abito, l’interprete non è più vincolata ad apparire solo in bianco o in colori tenui. Molto più che nel film di Welles, inoltre, il modo di vestire di Desdemona diventa qui un aspetto fondamentale della narrazione visiva. Lo si può notare già dalla prima scena nella Sala del Consiglio. Mentre la Desdemona di Suzanne Cloutier sembra difendere la sua scelta in punta di piedi e senza mettersi troppo in mostra, quella interpretata da Irina Skobtseva sorride e si dimostra sicura davanti al padre, andandogli incontro avvolta in un pesante soprabito di velluto rosso, tra le mani il fazzoletto che le ha regalato Othello. Fin da subito il film mette in evidenza la forte personalità della sua protagonista femminile e ne enfatizza la presenza scenica. Particolare è anche il momento dell’arrivo a Cipro: Desdemona indossa un completo nero con dettagli bianchi e si presenta in pantaloni, offrendo così conferma di quanto insinuato da Iago con la battuta “Our general’s wife is now the general” (II.iii.310).
Soltanto in un’occasione gli indumenti scuri della protagonista saranno privi di un dettaglio niveo a contrasto, e ciò non avviene per caso. Nel momento immediatamente successivo al primo affondo di Iago, quando Othello comincia a dubitare della fedeltà della moglie, Desdemona appare in scena con un pesante abito nero che si colora di rosso nel risvolto delle maniche, portando dunque addosso i segni della presunta infedeltà. Da qui in avanti, abbandonerà le tonalità scure per cominciare ad apparire in abiti sempre più chiari, fino alla candida veste indossata al momento della morte. Questo cambiamento progressivo del cromatismo associato a Desdemona sembra ricordare le diverse “versioni” del personaggio che si succedono nel testo shakespeariano: nei costumi di Irina Skobtseva possiamo leggere dunque un riflesso sia della natura prismatica della figura femminile tratteggiata da Shakespeare, sia dei diversi modi in cui gli altri personaggi la vedono.
Oltre a individuare le diverse sfumature di Desdemona, l’Otello di Jutkevič riconosce l’importanza della sua decisione iniziale per lo sviluppo della vicenda. Entrambi i film iniziano discostandosi dal movimento d’apertura del testo shakespeariano, ma mentre Jutkevič mette a fuoco l’origine degli eventi che seguiranno, Welles si sofferma invece sugli effetti. Aprendo la narrazione sul funerale dei due coniugi, Orson Welles comincia dalla fine, da qualcosa di cui nemmeno Shakespeare aveva parlato, ricongiungendosi poi con tempi ed eventi narrati nell’opera originale tramite la sequenza successiva. Jutkevič, invece, comincia con una delle visite di Othello a casa di Brabantio e Desdemona, episodio narrato dallo stesso generalenel testo di Shakespeare4, ma rappresentato in modo originale dal regista. Dopo un’inquadratura in campo lungo, l’obiettivo si concentra su Desdemona, il primo personaggio che lo spettatore riesce a distinguere chiaramente. È vestita di grigio, come se prima della decisione di sposare Othello fosse ancora un essere malleabile e neutro, tutto il suo carattere e la sua forza nascosti dietro il limitante ruolo di figlia. A questo punto l’inquadratura si restringe sempre di più fino a fondersi con lo sguardo di lei che ripensa al racconto di Othello, dando inizio a una nuova sequenza che presenta, in flashback, la vita dell’ex schiavo. Questa meditazione, il suo tornare a riflettere sul racconto di Othello, porterà Desdemona ad avvicinarsi a lui, mettendo così in moto la macchina della trama. Nell’Othello di Welles, la fair lady subisce eventi ai quali non può opporsi; in quello di Jutkevič li genera: tutto parte da quello sguardo, da quel pensiero.
3. Conclusioni
Quello di Desdemona è un personaggio dinamico, saldamente legato alla realtà patriarcale in cui è immerso, ma al tempo stesso mosso da una forte ricerca identitaria. Per le contraddizioni e i cambiamenti che lo caratterizzano, si tratta di un ruolo difficile da interpretare, in quanto il suo particolare viaggio di emancipazione si discosta notevolmente dai canoni moderni. Nonostante ciò, una volta colte tutte le sfaccettature della sua personalità, Desdemona diventa una figura complessa e per questo incredibilmente affascinante sia da portare in scena come interpreti, sia da osservare come spettatori.
Fonti consultate
M. Neill, “Introduction”, in Othello, ed. by M. Neill, Oxford Shakespeare, Oxford: OUP, 2006.
Отелло/Otello (1955), Sergej Jutkevič, URSS.
W. Shakespeare, Othello, ed. E.A.J. Honigmann and A. Thompson, Arden Shakespeare Third Series, London: Bloomsbury, 2016.
A. Sinfield, Faultlines: Cultural Materialism and the Politics of Dissident Reading, Oxford: Clarendon Press, 1992.
The Tragedy of Othello: The Moor of Venice (1951), Orson Welles, Marocco/Italia.
- Per le citazioni da Othello si è fatto riferimento all’edizione Arden Shakespeare Third Series a cura di E.A.J. Honigmann e A. Thompson (2016).
- Come osserva Michael Neill nella sua introduzione all’edizione Oxford Shakespeare di Othello, “Desdemona acknowledges the familial bonds of ‘life and education’ that define her place as daughter, only to insist that her primary obligation is now defined by her chosen place as wife. […] Desdemona’s emphasis on feminine submission in ‘duty’, ‘bound’, and ‘due’ is balanced by the strikingly masculine independence of ‘challenge’, just as her wish to accompany Othello to war is justified not in terms of wifely duty, but of sexual entitlement and a disdain for feminine ‘quiet’.” (pp. 171-72).
- Neill ci ricorda che “The social symbolism of wedding sheets was as powerful as that with which the marriage bed itself was invested: marked with the blood that announced the death of a virgin and her rebirth as a wife, and customarily displayed to prove the consummation of a marriage, they became the fetishized tokens of the physical and emotional transformation that rendered husband and wife ‘one flesh’.” (pp. 173-74).
- “Her father loved me, oft invited me, / Still questioned me the story of my life / From year to year: the battles, sieges, fortunes / That I have passed” (I.iii.129-32).