Attraverso Fortunata y Jacinta: dos historias de casadas (1887), Benito Pérez Galdós (1843-1920) realizza un affresco della borghesia madrilena dalla fine del XVIII secolo ai primi anni della Restaurazione, passando per la Gloriosa. Questa classe, infatti, già difesa ed esaltata nelle prime due serie degli Episodios Nacionales (1872-1879) e nelle novelas de tesis (1870-1878), diventa la principale protagonista delle sue Novelas Contemporáneas (1881-1889).
La clase media, la más olvidada por nuestros novelistas, es el gran modelo, la fuente inagotable. Ella es hoy la base del orden social: ella asume por su iniciativa y por su inteligencia la soberanía de las naciones y en ella está el hombre del siglo XIX con sus virtudes y sus vicios, su noble e insaciable aspiración, su afán de reformas, su actividad pasmosa. La novela moderna de costumbres ha de ser la expresión de cuanto de bueno y malo existe en el fondo de esa clase, de la incesante agitación que la elabora (Pérez Galdós 1870: 6).
Con queste parole, riportate in Observaciones sobre la novela contemporánea en España (1870), l’autore, con grande ottimismo, esalta i valori e le conquiste della Rivoluzione del 1868. La borghesia, infatti, guidata dai principi liberali che all’inizio del secolo avevano dato vita alla Costituzione di Cadice (1812), era stata capace di organizzare una società basata sull’uguaglianza giuridica, sull’economia di mercato e sullo stato di diritto, il che significava la scomparsa di una società basata sul dominio dei latifondi, sugli ostacoli allo sviluppo economico e sulla monarchia assoluta (Varela Suanzes-Carpegna 1987). Galdós ne elogia, dunque, lo spirito dinamico e innovatore e non lascia dubbi su ciò che pensa al riguardo:
Esa clase es la que determina el movimiento político, la que administra, la que enseña, la que discute, la que da al mundo los grandes innovadores y los grandes libertinos, los ambiciosos de genio y las ridículas vanidades: ella determina el movimiento comercial, una de las grandes manifestaciones de nuestro siglo, y la que posee la clave de los intereses, elemento poderoso de la vida actual, que da origen en las relaciones humanas a tantos dramas y tan raras peripecias (Pérez Galdós 1870: 6-7).
La borghesia, portavoce dello spirito positivista, aveva anche puntato a una progressiva secolarizzazione della società per attenuarne la forte impronta cattolica. Inoltre, tra i riformatori liberali è molto influente la filosofia krausista della quale condividono i principi più importanti. Entrambe le componenti ideologiche, infatti, lottano affinché la finalità dell’essere umano sia il progresso, perseguito da un punto di vista politico, divino e scientifico: «todas estas facetas se ocupan de la realización de la humanidad». In questo modo, religione e ragione, sentimento e azione diventano due facce della stessa medaglia. Oltre a ciò, tale progresso non può essere realizzato senza la costruzione di uno stato organico e armonico in cui l’individuo è integrato in un gruppo coeso grazie a una base comune di idee, emozioni e tendenze in costante evoluzione (Ríos 2000: 2-3, 5). Galdós, all’interno dell’Ateneo di Madrid, uno dei tanti centri di studio laici e roccaforte degli intellettuali di sinistra, entra in contatto con i maggiori pensatori krausisti, come Francisco Giner de los Ríos, e ne assimila i principi. La Rivoluzione di settembre rappresenta, quindi, il culmine di questo processo storico che prende le mosse dalla Ilustración il cui obiettivo è la conquista dei diritti dell’individuo, della libertà in ambito sociopolitico, economico, culturale e religioso e che l’assolutismo e il clericalismo avevano ostacolato. Tuttavia, le trasformazioni innescate all’inizio del secolo, pur abolendo antiche barriere sociali, ne creano delle altre.
In Fortunata y Jacinta, infatti, con la nostalgia e la disillusione di chi ha visto svanire i propri ideali, lo scrittore canario ricorda le virtù della trionfante classe media dell’inizio del secolo e traccia il processo e i meccanismi attraverso i quali «llega al poder la burguesía comercial y financiera […] dominada ideologicamente por la vieja oligarquía» (Blanco Aguinaga 1978: 51). Quello che Tuñón de Lara chiama «bloque de poder» (Tuñón de Lara 1971: 155-156), ossia, un rinnovamento dei poteri dell’Antico Regime, concentrati nel clero, nella nobiltà latifondista e nelle forze armate, alleati con una borghesia mercantile ancora immatura. Tale formazione svolge un ruolo di primo piano nei campi dell’economia, dell’amministrazione e della cultura nazionale (Sinnigen 2013: 53-54). In definitiva, Galdós trasmette in chiave letteraria «lecciones sobre la burguesía renovadora “que pudo ser” pero que, una vez pasados los efluvios de la Revolución de 1868, va a acabar “entrando por el aro” de la Restauración» (Arencibia Santana 2020: 272). Entrar por el aro/pasar por el aro è un modo di dire che proviene dal mondo circense e, in particolare, da un numero che consisteva nel far passare animali attraverso un cerchio infuocato. La difficoltà di tale azione è stata probabilmente la ragione per cui, nel tempo, la frase è stata usata per riferirsi al fatto di dover fare qualcosa per obbligo, o perché non esiste altra scelta (Academia Andaluza 2015). È curioso notare che all’interno del romanzo, Galdós ricorre spesso a questa espressione per alludere al processo di “addomesticamento” del nascente Cuarto Estado alla morale borghese. Il pueblo, infatti, inizia a rivestire un ruolo rilevante nella produzione romanzesca come nella società, ed è perciò un pericolo per lo status quo egemonico che, di conseguenza, cerca di disciplinarne il potenziale rivoluzionario. Come sottolinea Blanco Aguinaga, la storia di Fortunata riguarda «su forzado sometimiento a un orden dentro del cual no ha de ser sino disciplinada “cantera” para la clase dominante que, al fin, […] ha vuelto a imponer su ley» (Blanco Aguinaga 1978: 55). In Fortunata y Jacinta, come afferma Rodríguez-Puértolas, «la Ley y el Orden de la Restauración son así impuestos autoritaria y amenazadoramente por un entramado de poder que empieza en Dios mismo y termina en el último guindilla municipal» (Rodríguez-Puértolas, in Pérez Galdós 2005: 212). Il critico continua dicendo che tutti i personaggi del romanzo alludono, in ogni momento, a quest’ordine imposto dal «bloque de poder» che, quindi, assorbe e avvolge l’intera società:
Cierto, no todos lo hacen de igual manera, y se hace preciso diferenciar al menos tres categorías: a) el grupo de los que mandan naturalmente por su pertenencia a la clase dominante; b) el grupo de pequeños burgueses que imitan a “los de arriba”, que quisieran también mandar y que lo hacen en su reducido ámbito; c) las gentes del pueblo o desclasadas, que han internalizado los conceptos ideológicos dominantes y los manifiestan de modo más o menos consciente […] es precisamente el “sistema de valores predominante”, esto es, el de la clase dominante que el narrador presenta, el que […] unifica la novela y la “visión totalizadora” de la sociedad española de la época (in Pérez Galdós 2005: 106, 212).
Sostanzialmente, si produce una realtà che, lungi dall’essere un progresso in termini di libertà e uguaglianza, vede aumentare le distanze tra dominanti e dominati. La libertà dell’individuo, quindi, dell’ideologia borghese di fine Ottocento si definisce, contraddittoriamente, come libertà controllata e limitata che risponde a regole imposte dall’egemonia e che è originata da interessi di classe. In altre parole, in una società gerarchizzata come quella di Fortunata y Jacinta, la classe dominante impone un modello di comportamento. Questa pressione si esercita non solo sugli aspetti più esteriori come la moda o la lingua, ma ha anche un impatto sulle leggi che regolano le relazioni economiche, sociali, politiche, sui costumi e sulla morale. In breve, si crea una coscienza comune che governa la condotta dei membri, quella che Feijoo chiama «ley de la realidad», o Maxi, «los principios fundamentales de toda sociedad» (Pérez Galdós 2020: II, 301, 669). Rodríguez-Puértolas parla di «naturalidad burguesa», della creazione «natural» di un’ideologia, ossia, di una visione deformante della realtà e quindi di una falsa coscienza che ha precisamente la funzione di coesione sociale (in Pérez Galdós 2005: 199, 204).
A questo proposito, un’attenta analisi del funzionamento del sistema di potere borghese viene condotta da Michel Foucault nel saggio Surveiller et punir, naissance de la prison (1975):
Historiquement, le processus par lequel la bourgeoisie est devenue au cours du XVIIIe siècle la classe politiquement dominante s’est abrité derrière la mise en place d’un cadre juridique explicite, codé, formellement égalitaire, et à travers l’organisation d’un régime de type parlementaire et représentatif. Mais le développement et la généralisation des dispositifs disciplinaires ont constitué l’autre versant, obscur, de ces processus. La forme juridique générale qui garantissait un système de droits en principe égalitaires était sous-tendue par ces mécanismes menus, quotidiens et physiques, par tous ces systèmes de micro-pouvoir essentiellement inégalitaires et dissymétriques que constituent les disciplines. Et si, d’une façon formelle, le régime représentatif permet que directement ou indirectement, avec ou sans relais, la volonté de tous forme l’instance fondamentale de la souveraineté, les disciplines donnent, à la base, garantie de la soumission des forces et des corps. Les disciplines réelles et corporelles ont constitué le sous-sol des libertés formelles et juridiques (Foucault 1975: 223-224).
A fronte di una società apparentemente centrata sull’egualitarismo dei diritti, Foucault, conduce una disamina delle strutture che la innervano e che si reggono su quella che il filosofo chiama una microfisica del potere organizzata secondo un sistema disciplinare e inegualitario: «les “Lumières” qui ont découvert les libertés ont aussi inventé les disciplines» (Foucault 1975: 224). Con il termine “disciplina”, Foucault intende «des formules générales de domination […]; un type de pouvoir, une modalité pour l’exercer, comportant tout un ensemble d’instruments, de techniques, de procédés, de niveaux d’application, de cibles; elle est une “physique” ou une “anatomie” du pouvoir, une technologie». Vale a dire, una serie di metodi che permettono il controllo minuzioso e costante del corpo, una coercizione a lungo mantenuta al livello stesso della meccanica: movimenti, gesti, attitudini, rapidità (Foucault 1975: 139, 217). Procedimenti che intervengono sulle masse rendendole utili e produttive attraverso una permanente registrazione dei comportamenti e «des tactiques de répartition, d’ajustement réciproque des corps, des gestes et des rythmes, de différenciation des capacités, de coordination réciproque par rapport à des appareils ou à des tâches» (Foucault 1975: 222). La disciplina è una tecnologia sottile e raffinata che impone all’individuo un rapporto di sottomissione-analisi assicurandone la docilità. Un corpo docile, ideale cioè a essere assoggettato, piegato alle esigenze di una classe e ininterrottamente sorvegliato è, dunque, un corpo che ha entrado por el aro.
A questo fine è necessaria una specifica forma di istituzione che secondo Foucault è ben esemplificata dal Panopticon1di Jeremy Bentham (1787): un dispositivo architettonico che attraverso una precisa distribuzione dei corpi nello spazio realizza, al tempo stesso, la “punizione”, intesa come «l’incarcération, à des fins de transformation de l’âme et de la conduite», e la “sorveglianza”, intesa come la produzione di «un savoir individualisant […] qui prend pour domaine de référence non pas tellement le crime commis mais la virtualité de dangers que recèle un individu et qui se manifeste dans la conduite quotidiennement observée» (Foucault 1975: 125,129). La particolarità dello spazio panottico è l’effetto che produce, l’autosorveglianza, o autodisciplina:
Induire chez le détenu un état conscient et permanent de visibilité qui assure le fonctionnement automatique du pouvoir. Faire que la surveillance soit permanente dans ses effets, même si elle est discontinue […]; que cet appareil architectural soit une machine à créer et à soutenir un rapport de pouvoir indépendant de celui qui l’exerce dans son action; bref que les détenus soient pris dans une situation de pouvoir dont ils sont eux- mêmes les porteurs (Foucault 1975: 202-203).
Pertanto, il corpo escluso, da correggere è reso protagonista di quello stesso potere che lo modella. La prigione è la perfetta incarnazione di questo «appareil de punition» e «observatoire permanent» (Foucault 1975: 129, 311) in cui si realizza una biopolitica dei corpi, ossia, attraverso cui si interviene sulla loro vita gestendone l’orientamento, canalizzandone il comportamento. Secondo Foucault, lo schema panottico e disciplinare può essere messo in opera anche in altre istituzioni specializzate come gli ospedali, le fabbriche, le scuole, le case di correzione e di educazione, «chaque fois qu’on aura affaire à une multiplicité d’individus auxquels il faudra imposerune tâche ou une conduite» (Foucault 1975: 207). Il convento delle Micaelas, dunque, si può rileggere alla luce delle affermazioni fatte da Foucault negli anni Settanta in Surveiller et punir. Inoltre, dal momento che si configura come un luogo di formazione e di educazione che implica una trasformazione di sé e del rapporto con il mondo sociale (Sabot 2012: 27-28), rientra tra gli spazi che lo studioso francese chiama “eterotopie di deviazione” «nelle quali vengono collocati quegli individui il cui comportamento appare deviante in rapporto alla media e alle norme imposte» (Foucault 2010). Il convento costituisce, infatti, il luogo chiuso più importante in cui la protagonista del romanzo, Fortunata, viene confinata al fine di essere educata secondo le virtù “angeliche” della domesticità. Galdós lo dipinge come un riformatorio femminile per la riabilitazione delle mujeres perdidas basato sulla sorveglianza e sulla pulizia di ciò che è percepito eticamente intollerabile. In poche parole, il regime attuato all’interno dell’istituzione consiste nel restituire all’ordine pubblico una femminilità restaurata che rispecchi il modello ottocentesco conosciuto come ángel del hogar. Questo stereotipo diventa una delle preoccupazioni centrali nella Spagna della Restaurazione, al punto che si diffondono manuali di condotta finalizzati all’educazione e al giusto inquadramento domestico della donna prima di poter unirsi in matrimonio2.
Per cominciare, è opportuno riflettere su quella che Foucault definisce «l’art des répartitions», o meglio, la suddivisione dei corpi nello spazio e le numerose tecniche di distribuzione degli stessi (Foucault 1975: 143).
Come nel caso delle prigioni, anche la disciplina esercitata nel convento delle Micaelas esige la clausura, «la spécification d’un lieu hétérogène à tous les autres et fermé sur lui-même. Lieu protégé de le monotonie disciplinaire» (Faucault 1975: 143). In Fortunata y Jacinta la scelta di separare la visione esterna del convento (Las Micaelas por fuera) da quella interna (Las Micaelas por dentro) è un modo per tracciare una linea di demarcazione immaginaria e accentuare il senso di prigionia. Teresa Fuentes Peris specifica che questa divisione riflette il confine tra la femminilità rispettabile e quella considerata inaccettabile (Fuentes Peris 2016: 39). L’isolamento è reso ancora più esplicito da varie strutture di delimitazione sulle quali il narratore si sofferma durante la descrizione del luogo. La prima si trova nella cappella del convento dove si tiene la messa: si tratta di «una reja de madera que separaba el público de las monjas los días en que el público entraba, que eran los jueves y domingos» (Pérez Galdós 2020: I, 732). La seconda è la porta che dà accesso al convento e attraverso la quale Maxi «vio desaparecer a su amada […]. Era una puerta como otra cualquiera; pero cuando se cerró otra vez, parecióle al enamorado chico cosa diferente de todo lo que contiene el mundo en el vastísimo reino de las puertas» (Pérez Galdós 2020: I, 735-736). Infine, l’immagine più emblematica che rende l’idea della segregazione è quella della muraglia in costruzione che fa da recinto al riformatorio. Anche in questo caso, Galdós distingue la percezione esterna da quella interna descrivendo l’avanzamento dei lavori da parte dei muratori, prima attraverso gli occhi delle recluse, poi di Maximiliano. Da un lato, le internate concentrano il loro sguardo sul paesaggio che la massa crescente di mattoni occulta linea dopo linea:
Parecía que los albañiles, al poner cada hilada, no construían, sino que borraban. De abajo arriba, el panorama iba desapareciendo como un mundo que se anega. Hundiéronse las casas del paseo de Santa Engracia, el Depósito de aguas, después el cementerio. Cuando los ladrillos rozaban ya la bellísima línea del horizonte, aún sobresalían las lejanas torres de Húmera y las puntas de los cipreses del Campo Santo. Llegó un día en que las recogidas se alzaban sobre las puntas de los pies o daban saltos para ver algo más y despedirse de aquellos amigos que se iban para siempre. Por fin la techumbre de la iglesia se lo tragó todo, y sólo se pudo ver la claridad del crepúsculo, la cola del día arrastrada por el cielo (Pérez Galdós 2020: I, 761).
Dall’esterno, invece, il convento è percepito come un luogo per rendere “invisibili” le devianze e i motivi di scandalo. L’attenzione di Rubín, infatti, si concentra sulla muraglia che nasconde «aquella interesante parte de la interioridad monjeril, como la ropa que se extiende para velar las carnes descubiertas» (Pérez Galdós 2020: I, 740). In definitiva, la prostituzione e tutto ciò che minaccia l’ideale angelico borghese devono essere celati al pubblico, così come la nudità viene coperta. Il riferimento umoristico, «aquella interesante parte de la interioridad monjeril», suggerisce il desiderio dell’autore di ridicolizzare questi tentativi di “isolamento” che rischiano solo di accentuare il divario tra i gruppi sociali e il timore delle classi medie di una possibile mescolanza tra ceti considerati “rispettabili” e quelli “non rispettabili” (Fuentes Peris: 2016: 40).
Oltre al principio della clausura, gli apparati disciplinari si servono di un’altra operazione più duttile e sottile per suddividere lo spazio, il quadrillage:
L’espace disciplinaire tend à se diviser en autant de parcelles qu’il y a de corps ou d’éléments à répartir. II faut annuler les effets des répartitions indécises, la disparition incontrôlée des individus, leur circulation diffuse, leur coagulation inutilisable et dangereuse. Il s’agit […] d’établir les présences et les absences, de savoir où et comment retrouver les individus, d’instaurer les communications utiles, d’interrompre les autres. […] c’est donc la constitution de «tableaux vivants» qui transforment les multitudes confuses, inutiles ou dangereuses, en multiplicités ordonnées (Foucault 1975: 144-145, 150).
Le detenute all’interno del convento delle Micaelas sono, infatti, distribuite in due classi, le Filomenas, «mujeres sujetas a corrección» e le Josefinas, «niñas puestas allí por sus padres, para que las educaran, y más comúnmente por madrastras que no querían tenerlas a su lado». Ai due gruppi non è consentito comunicare in nessuna occasione per evitare le relazioni pericolose: «con las Josefinas no tenía Fortunata relación alguna. Eran todas niñas de cinco a diez o doce años, que vivían aparte ocupando las habitaciones de la fachada. Comían antes que las otras en el mismo comedor, y bajaban a la huerta a hora distinta que las Filomenas». Al contrario, le suore, «centinelas sagaces», si preoccupano di formare le amicizie convenienti e favorevoli all’interiorizzazione della disciplina (Pérez Galdós 2020: I, 745-746, 769-770). La formazione di “quadri”, classi, o cellule favorisce, dunque, la caratterizzazione dei corpi per mezzo di una localizzazione che li fa circolare in una rete di relazioni. La funzione della «mise en tableau» è quella di trattare la molteplicità, di distribuirla e di trarne il massimo effetto possibile. «Elle est la condition première pour le contrôle et l’usage d’un ensemble d’éléments distincts: la base pour une microphysique d’un pouvoir qu’on pourrait appeler “cellulaire”» (Foucault 1975: 150-151).
La disciplina non è solamente l’arte di ripartire i corpi, ma di assegnare loro un tempo scandito da attività regolari (Foucault 1975: 151). Difatti, la vita nel convento è marcata da orari e programmi dettagliati:
A las cinco de la mañana ya entraba Sor Antonia en los dormitorios tocando una campana que les desgarraba los oídos a las pobres durmientes. […] Toda la mañana estaban las niñas diciendo a coro sus lecciones, con un chillar cadencioso y plañidero que se oía en toda la casa. Por la tarde cantaban también la doctrina. […] [los] jueves […] Fortunata había de vestirse para recibir la visita de los de Rubín. […] [Los domingos] a las cuatro toda la comunidad entró en la iglesia donde había ejercicio y sermón (Pérez Galdós 2020: I, 745, 770, 775, 783).
Inoltre, è importante assicurare la qualità del tempo impiegato attraverso esercizi utili, un controllo rigoroso da parte dei sorveglianti e l’annullamento di tutto ciò che può disturbare lo svolgimento dei compiti: «le temps mesuré et payé doit être aussi un temps sans impureté ni défaut, un temps de bonne qualité, tout au long duquel le corps reste appliqué à son exercice. L’exactitude et l’application sont, avec la régularité, les vertus fondamentales du temps disciplinaire» (Foucault 1975: 152-153). Pertanto, nel convento il cucito e il ricamo sono i lavori indicati per mortificare la carne e nobilitare gli spiriti; il narratore insiste anche sul rigore fanatico che ruota intorno alla pulizia, alla lucidatura e alle faccende domestiche nel tentativo di inculcare valori igienici e puri nelle nature più «enviciadas y fogosas» (Pérez Galdós 2020: I, 745-746):
Era Sor Natividad vizcaína, y tan celosa por el aseo del convento que lo tenía siempre como tacita de plata, y en viendo ella una mota, un poco de polvo o cualquier suciedad, ya estaba desatinada y fuera de sí, poniendo el grito en el Cielo como si se tratara de una gran calamidad caída sobre el mundo, otro pecado original o cosa así. Apóstol fanático de la limpieza, a la que seguía sus doctrinas la agasajaba y mimaba mucho, arrojando tremendos anatemas sobre las que prevaricaban, aunque sólo fuera venialmente, en aquella moral cerrada del aseo (Pérez Galdós 2020: I, 746-747).
La disciplina, quindi, non fabbrica solo individualità “cellulari”, ma penetra i corpi, impone delle attività cadenzate, un ritmo scandito da segnali, comandi, sguardi, rintocchi di campana e questa microfisica del tempo forma le corps organique, portatore di forze e sede di una durata (Foucault 1975: 157-158). Infine, Foucault fa notare che questa «mise en “série” des activités» disciplinari produce un tempo lineare, un’evoluzione dell’individuo in termini di “genesi”. In altre parole, gli esercizi ripetitivi e graduali indirizzano il comportamento verso uno stato terminale e assicurano un percorso di crescita e di qualificazione (Foucault 1975: 162-163). È evidente che nel convento delle Micaelas, il rigido programma di formazione e di indottrinamento imposto alle detenute è finalizzato alla progressiva acquisizione di un sapere e di una buona condotta che assicurano la honradez e, quindi, la salvezza.
Riassumendo, il dispositivo panottico fabbrica individualità cellulari (attraverso la spazializzazione dei corpi), individualità organiche (attraverso la codificazione delle attività) e individualità genetiche (attraverso il cumulo del tempo).
Uno strumento importante su cui si fonda l’addestramento all’interno del dispositivo disciplinare descritto da Foucault è la sanzione normalizzatrice: «toute une micropénalité du temps (retards, absences, interruptions des tâches), de l’activité (inattention, négligence, manque de zèle), de la manière d’être (impolitesse, désobéissance), des discours (bavardage, insolence), du corps (attitudes «incorrectes», gestes non conformes, malpropreté), de la sexualité (immodestie, indécence)». Si tratta, dunque, di punire i corpi che infrangono la condotta, i non conformi, gli anormali o, in una parola, “gli scarti” (Foucault 1975: 180-181). A questo proposito, è comprensibile l’insistenza di Galdós nell’associare Mauricia la Dura alla sporcizia. Emblematica è l’immagine della donna seduta sul cumulo di spazzatura mentre getta a una delle recluse dei rifiuti, quando questa le ordina, a nome delle suore, di scendere (Pérez Galdós 2020: I, 794). Secondo Teresa Fuentes Peris, questo atto, insieme all’uso di un linguaggio scurrile, simboleggia tutte le mancanze morali di cui si fa portavoce la Dura: animalità, follia, ubriachezza (Fuentes Peris 2016: 13). La punizione disciplinare ha la funzione di ridurre questi scarti, di normalizzarli, «[elle] doit donc être essentiellement correctif» (Foucault 1975: 182). Il castigo, lungi dall’essere violento e distruttivo, deve agire sull’anima al fine di convertirla, addomesticarla, renderla disponibile all’assoggettamento (Foucault 1975: 19). Dal momento che Mauricia è una materia “residuale”, ha bisogno di essere punita, cioè, segregata in uno spazio isolato che il narratore chiama perrera. La cella di isolamento, infatti, obbliga il detenuto alla riflessione straziante sulle proprie colpe facendogli riscoprire la voce del bene. La solitudine diviene un esercizio di conversione e di apprendimento che garantisce la costruzione del soggetto morale (Foucault 1975: 134-136). Tuttavia, questa tecnica di addestramento non si rivela efficace nel caso della Dura, giudicata dalla critica la personalità più irrazionale e autonoma del romanzo, la viva incarnazione della protesta contro il conformismo borghese (Gullón 1973: 255). Questo permette a Galdós di trattare la tematica con ironia sottolineando che la docilità di Mauricia non deriva dall’isolamento a cui è sottoposta, ma dal piacere che prova dopo che la suora le concede attraverso le sbarre un bicchiere di vino.
Mauricia estaba tan agradecida, que no acertaba a expresar su gratitud. La cojita echó en el cortadillo una cantidad, así como un dedo, inclinando la botella con extraordinario pulso para que no saliera más de lo conveniente; […] En efecto, Mauricia empezó a sentirse alegre, y con la alegría vínole una viva disposición del ánimo para la obediencia y el trabajo, y tantas ganas le entraron de todo lo bueno, que hasta tuvo deseos de rezar, de confesarse y de hacer devociones exageradas como las que hacía Sor Marcela […]. Mauricia creía que estaba ya bastante iluminada, porque la excitación encendía sus ideas dándole un cierto entusiasmo; y después de hacer un poco de ejercicio corporal colgándose de la reja, porque sus miembros apetecían estirarse, se puso a rezar con toda la devoción de que era capaz, luchando con las varias distracciones que llevaban su mente de un lado para otro, y por fin se quedó dormida sobre el duro lecho de tablas. Sacáronla del encierro al día siguiente temprano, y al punto se puso a trabajar en la cocina, sumisa, callada y desplegando maravillosas actividades (Pérez Galdós 2020: I, 758-759).
Infine, oltre all’isolamento e il ritorno a sé stessi che non sono sufficienti per svolgere un lavoro sull’anima del detenuto, il dispositivo disciplinare si avvale di un ultimo strumento di controllo permanente che assicura la docilità e la disponibilità dello spirito: l’esame. Si tratta dell’esercizio che produce sapere sull’individuo. «Tout un savoir individualisant s’organise qui prend pour domaine de référence non pas tellement le crime commis (du moins à l’état isolé) mais la virtualité de dangers que recèle un individu et qui se manifeste dans la conduite quotidiennement observée. La prison fonctionne là comme un appareil de savoir» (Foucault 1975: 129). È la tecnica con cui il potere preleva informazioni sul detenuto senza risultare visibile e trionfante. Al contrario, impone all’individuo una visibilità obbligatoria e analizzabile. Attraverso l’esame si dà la parola al singolo che viene invitato e invogliato a dire la verità, a scoprirla insieme al maestro, viene prelevato un sapere destinato e riservato solo a chi ascolta. Poi, la documentazione ricavata basata sui tratti individuali fa del corpo un “caso”, oggetto di una conoscenza e presa per un potere. Il singolo è descritto, misurato, valutato, comparato ad altri e, allo stesso tempo, diviene un soggetto per un eventuale impiego: corpo leggibile e docile (Foucault 1975: 205, 209). Foucault specifica, inoltre, che l’esame diventerà la pratica istituzionalizzata e medicalizzata della confessione religiosa: i peccati che il fedele confessa al sacerdote saranno i nuovi saperi clinici sul malato che, interpretati dal medico, possono risultare normali o patologici. Da questi saperi clinici nascono nuovi profili patologizzati che l’apparato stesso del castigo ha fabbricato (Foucault 1976: 88-90). In Fortunata y Jacinta, sono molteplici gli episodi in cui la protagonista è invitata alla pratica dell’esame/confessione. Sia fuori che dentro il convento, personaggi come Maxi, Nicolás Rubín, Doña Lupe, o Guillermina Pacheco la incitano a confidare la sua condotta sessuale passata e i suoi pensieri riguardanti il matrimonio che potrebbero comprometterne la honradez:
Maximiliano quería saberlo todo. Era como el buen médico que le pide al enfermo las noticias más insignificantes del mal que padece y de su historia para saber cómo ha de curarle. Fortunata no ocultaba nada, eso bueno tenía, y el doctor amante se encontraba a veces con más quizás de lo necesario para la prodigiosa cura. […] Mañana te confiesas… Puede que se te haya quedado algo por decir y confesar, porque siempre se queda algo sin saber cómo, y esos pozos son lo que más atormenta… pues dilo todo, rebaña bien… Así lo hice yo, y hasta que lo hice no tuve tranquilidad. (Pérez Galdós 2020: I, 611, 782).
L’onore, marchio distintivo nella società borghese, diventa anche per lei una questione identitaria e di liberazione individuale, un enjeu de vérité. Fortunata si trova coinvolta in un processo di pouvoir-plaisir (Foucault 1976: 76, 96), di assoggettamento-soggettivazione, per cui la «myse en discours» (Foucault 1976: 20) della sua condotta sessuale diviene oggetto utile per la fissazione della sua individualità e patologizzazione dei suoi caratteri distintivi. Fortunata, attraverso l’esame/confessione dei suoi peccati è battezzata come pájara mala, mujer perdida, prójima e, quindi, internata nel convento delle Micaelas per affrontare il percorso di riabilitazione. «Immense ouvrage auquel l’Occident a plié des générations pour produire […] l’assujettissement des hommes; je veux dire leur constitution comme “sujets”, aux deux sens du mot. […] Ironie de ce dispositif: il nous fait croire qu’il y va de notre “libération”» (Foucault 1976: 81, 211).
Sostanzialmente, solo attraverso due capitoli del romanzo Galdós fornisce una minuziosa analisi di un dispositivo disciplinare che attraverso procedimenti di suddivisione degli spazi, dei tempi e l’uso di strumenti di addomesticamento mette i corpi in una situazione di controllo ininterrotto inducendo in loro uno stato cosciente di visibilità che assicura il funzionamento automatico del potere. In breve, l’apparato disciplinare del convento delle Micaelas fa sì che i detenuti si trovino in una situazione di sorveglianza di cui sono essi stessi portatori:
Celui qui est soumis à un champ de visibilité, et qui le sait, reprend à son compte les contraintes du pouvoir; il les fait jouer spontanément sur lui-même; il inscrit en soi le rapport de pouvoir dans lequel il joue simultanément les deux rôles; il devient le principe de son propre assujettissement. Du fait même le pouvoir externe, lui, peut s’alléger de ses pesanteurs physiques; il tend à l’incorporel; et plus il se rapproche de cette limite, plus ces effets sont constants, profonds, acquis une fois pour toutes, incessamment reconduits: perpétuelle victoire qui évite tout affrontement physique et qui est toujours jouée d’avance (Foucault 1975: 204).
Questa strategia panottica che assicura l’incorporeità di un potere sempre più invisibile, ma non meno efficace, è esemplificata nel romanzo attraverso l’idea blanca, ossia, la reincarnazione di un Dio borghese che Fortunata immagina inconsciamente attraverso la custodia eucaristica esposta sull’altare e che divulga la verdad, un messaggio di conformità sociale:
No mires tanto este cerco de oro y piedras que me rodea, y mírame a mí que soy la verdad. Yo te he dado el único bien que puedes esperar. Con ser poco, es más de lo que te mereces. Acéptalo y no me pidas imposibles. ¿Crees que estamos aquí para mandar, verbi gracia, que se altere la ley de la sociedad sólo porque a una marmotona como tú se le antoja? El hombre que me pides es un señor de muchas campanillas y tú una pobre muchacha. ¿Te parece fácil que Yo haga casar a los señoritos con las criadas o que a las muchachas del pueblo las convierta en señoras? […]Hijas de mi alma, Yo no puedo alterar mis obras ni hacer mangas y capirotes de mis propias leyes. […] Con que resignarse [corsivo aggiunto] (Pérez Galdós 2020: I, 778-779).
Il convento delle Micaelas rappresenta un modello coercitivo che riceve la sua forza dal fatto di non intervenire mai direttamente sui corpi, di esercitarsi spontaneamente e a livello inconscio e di costruire meccanismi che si concatenano gli uni agli altri. È un’architettura che agisce su una massa di individui rendendoli protagonisti di quello stesso potere che li punisce e li sorveglia assicurandosi, quindi, che entren por el aro.
Questo è soltanto uno dei molteplici spazi chiusi del romanzo relazionati con le idee, pregiudizi e vizi della società: luoghi urbani come le piazze, i teatri, i caffè, i negozi, le case costituiscono gli scenari preferiti dal ritmo borghese e il grande cambiamento del realismo naturalista avviene quando la descrizione smette di essere puramente costumbrista, ma si associa al personaggio definendolo e determinandolo: «je définirai donc la description: en état du milieu qui détermine et complète l’homme» (Zola 1880: 229). Galdós incastra perennemente i protagonisti in gabbie fisiche, concepite come espressioni metonimiche del complesso spazio-recinto che è la città di Madrid, specchio della borghesia del tempo, arretrata moralmente e culturalmente. Significativa, per esempio, è la casa dei Santa Cruz in cui vive Jacinta, un personaggio che non riesce a adattarsi al ruolo che le è stato assegnato poiché le sue azioni e persino le sue emozioni devono essere continuamente limitate e represse. Pertanto, ogni stanza dell’abitazione sembra dare accesso ai tormenti che più perseguitano la donna: «las habitaciones inservibles destinadas a la chiquillería, cuando la hubiera» raffigurano la maternità frustrata, un obbligo sociale al quale non può adempiere a causa della sua sterilità. Solo nell’immaginazione della donna le camere appaiono arredate nei minimi dettagli «de todo lo que se había de poner allí cuando el caso llegara». Tuttavia, «infundíanle tal tristeza, que los días en que se sentía muy tocada por la manía, no pasaba por ellas» (Pérez Galdós 2020: I, 355, 400). Quelle animate dalle chiacchiere delle tertulias fanno di lei una presenza che stona con il suo silenzio e per questo motivo molto spesso viene colta dal narratore mentre fugge «hacia el interior de la casa» nell’intento di cercare uno spazio segreto lontano da sguardi indiscreti, «temorosa que le conocieran en la cara el desquiciamiento […] en su alma» (Pérez Galdós 2020: I, 419). Infine, la camera matrimoniale, invece di rappresentare un rifugio intimo, diventa il luogo in cui la donna si sente costretta ad accudire un marito infedele: «más le importaba la conducta de aquel ingrato que a su lado dormía tan tranquilo […]. Sólo allí, de aquella puerta para adentro, se descubrían las trastadas; sólo ella, fundándose en datos negativos, podía destruir la aureola que el público y la familia ponían al glorioso Delfín» (Pérez Galdós 2020: I, 392).
Concludendo, se Galdós inizia a scrivere Fortunata y Jacinta a favore e in onore della borghesia, finisce per farne il romanzo per eccellenza contro di essa (Tuñón de Lara 1993: 415). Difatti, la costruzione di questi dispositivi delimitanti, mascherati da una cornice giuridica formalmente egualitaria sono la concretizzazione del fallimento di una classe sociale che esclude, sorveglia e punisce i corpi considerati “fuori dalla norma”.
Bibliografia
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Note
- «On en connaît le principe: à la périphérie un bâtiment en anneau; au centre, une tour; celle -ci est percée de larges fenêtres qui ouvrent sur la face intérieure de l’anneau; le bâtiment périphérique est divisé en cellules, dont chacune traverse toute l’épaisseur du bâtiment; elles ont deux fenêtres, l’une vers l’intérieur, correspondant aux fenêtres de la tour; l’autre, donnant sur l’extérieur, permet à la lumière de traverser la cellule de part en part. Il suffit alors de placer un surveillant dans la tour centrale, et dans chaque cellule d’en fermer un fou, un malade, un condamné, un ouvrier ou un écolier. Par l’effet du contre-jour, on peut saisir de la tour, se découpant exactement sur la lumière, les petites silhouettes captives dans les cellules de la périphérie. Autant de cages, autant de petits théâtres, où chaque acteur est seul, parfaitement individualisé et constamment visible. Le dispositif panoptique aménage des unités spatiales qui permettent de voir sans arrêt et de reconnaître aussitôt. En somme, on inverse le principe du cachot; ou plutôt de ses trois fonctions — enfermer, priver de lumière et cacher — on ne garde que la première et on supprime les deux autres. La pleine lumière et le regard d’un surveillant captent mieux que l’ombre, qui finalement protégeait. La visibilité est un piège» (Foucault 1975: 201-202).
- Un esempio è il prologo di Cánovas del Castillo all’opera di Miguel Guijarro, Las mujeres españolas, portuguesas y americanas (1872) in cui si descrivono le virtù richieste alla sposa: «no es el amor conyugal […] pasión arrebatadora y ciega. Singularmente en la mujer, el amor conyugal […]se compone de muchos combinados. Es […]amor a la parte ya pasada de la vida y a lo que de ella queda y ha de sobrevivir, que son los hijos comunes; es amor a un hombre que el más favorecido […] el más íntimo y constante de los amigos, que es el probable compañero de la vejez […]; es apego y afecto a la casa común; […] es por último todo en el mundo para la mujer fiel […] que hierra el camino derecho. […] Fuerza será reconocer que cuando nunca yerra, alcanza sobre nosotros una superioridad moral inconmensurable» (Cánovas del Castillo 1872: XII-XIII).