«Quel conforto me lo ha portato soltanto Eliot». Sulla possibilità di confronto tra poetica achmatoviana e elotiana
In questo articolo si parlerà della poetessa pietroburghese Anna Achmatova (1889-1966) e del suo “corrispettivo britannico”, il poeta statunitense poi naturalizzato inglese T. S. Eliot (1988-1965). Si cercherà di analizzare, secondo una logica intertestuale, in che rapporti si trovi l’opera achmatoviana Poėma bez geroja (Poema senza eroe) (1962) rispetto a The Waste Land (1922) (La terra desolata) e in seconda istanza rispetto a Four Quartets (1943) (Quattro quartetti).
Eliot fu certamente una fonte d’ispirazione pregnante per la stesura del poema che, ricordiamo, si protrasse per circa un ventennio, dal 1940 fino al 1962. Il poeta inglese, come testimoniano i diari della poetessa1, fu un soggetto sempre rilevante e mai marginale in Achmatova lettrice, che dedicò lui una attenzione costante e mai celata. In una pagina del 24 giugno 1965 Achmatova annotava: «Летом 1915 в Слепневе читала Расина (Теперь, <в> 1965, – Донна и Элиота. Всегда Шекспира»2) (Achmatova 1998: 322) . Sempre nello stesso anno, l’otto agosto, continua scrivendo: «В этотмесяц, когда я, кажется, нуждалась в утешении, мне прислал его только – Элиот»3 (Achmatova 1998: 327). Achmatova accompagna quest’ultima annotazione con la citazione «The only wisdom we can hope to acquire / Is the wisdom of humility: humility is endless», due versi facenti parte di East Coker, proprio uno dei quattro poemetti eliotiani racchiusi nella raccolta Four Quartets.
Non sono solo i suoi diari, una delle forme di scrittura più intime e genuine a cui abbiamo la fortuna di accedere, a testimoniare la vicinanza di Achmatova ad Eliot, ma anche l’allora segretario personale della poetessa stessa, Anatolij Najman, che in Rasskazy o Anne Achmatovoj delinea il tipo di interesse della poetessa per Eliot. Innanzitutto, si precisi subito che anche se l’attenzione verso Eliot si mantenne sempre viva negli anni, questa crebbe decisamente quando il poeta vinse il premio Nobel nel 1960. Ma Achmatova, del resto, guardò ad Eliot sempre con un certo affetto fraterno, convinta di essere legata a lui dalle comuni vicissitudini biografiche e per il periodo storico che avevano condiviso. Fra le medesime vicende di vita si ricordi l’apprezzamento per la propria attività poetica soltanto in tarda età, ad Eliot, come abbiamo scritto, nel 1960 con il premio Nobel, mentre ad Achmatova nel 1964 con il premio Etna-Taormina, ritirato quello stesso anno in Sicilia.
Si veda come anche Ol’ga Ušakova sottolinei la percezione achmatoviana secondo la quale, la poetessa, sentisse con Eliot un qualche legame spirituale, quasi ancestrale (Ušakova 2016: 63). Ancora nel suo diario Achmatova annota alcuni elementi che denotano una spiccata sensibilità nei confronti di Eliot, in particolare in uno dei suoi scritti fa riferimento all’anno della propria nascita e a questo proposito non manca di enfatizzare come quello fu l’anno in cui apparvero anche Charlie Chaplin, La sonata a Kreutzer di Tolstoj, la Torre Eiffel e T. S. Eliot. Oggi sappiamo che Eliot fosse nato nel 1888, mentre Achmatova soltanto l’anno successivo, ma rimane singolare la volontà della poetessa di rimarcare un legame con Eliot anche attraverso fatti così apparentemente insignificanti. Del resto, Achmatova non poté fare a meno di dare al giovane Iosif Brodskij, suo adorato pupillo, del quale (non a caso) amava soprattutto il componimento Verses on the Death of T. S. Eliot (Ušakova 2016: 63), il merito di aver portato ai russi la letteratura inglese e di aver portato, in particolare, proprio Eliot: «Вот в чем сила Иосифа: он несет то, чего никто не знал: Т. Элиота, Джон <а> Донна, Пёрселла – этих мощных великолепных англичан!»4 (Achmatova 1998: 6, 333).
A parte le intersezioni biografiche, il periodo storico condiviso, le affinità elettive e spirituali, una sensazione di naturale e umana prossimità, particolare attenzione meritano le fonti, elemento in cui sia Achmatova che Eliot tenderebbero a condividere una matrice comune. Entrambi i poeti, infatti, riconobbero a Shakespeare e a Dante una influenza oltremodo significativa sulla propria poetica (Ušakova 2016: 65). E Achmatova non ne fece certo mistero quando, proprio a Dante, dedicò nel 1965 un discorso pubblico dal titolo Una parola su Dante, in cui lo designò come la personalità più influente sulla propria attività poetica, confessando come tutta la sua vita fosse passata sotto il segno del grande poeta italiano.
Da V.N. Toporovo a O. Ušakova, diversi sono gli studiosi cimentatisi nel tentativo di ravvisare prove tangibili della somiglianza, formale o semantica, fra le opere di Eliot e quelle di Achmatova. C’è chi ritiene più convincente il parallelismo instaurabile fra Poėma bez geroja e The Waste Land, mentre altri considerano più plausibile quello fra Poėma bez geroja e Four Quartets. Niente, naturalmente, esclude che Achmatova, facendo leva sul suo sconfinato bagaglio culturale, abbia potuto attingere per il suo poema da entrambe le opere eliotiane.
Poėma bez geroja e The Waste Land a confronto
Nel gioco di analogie che vede coinvolti Poėma bez geroja e The Waste Land siamo chiamati a confrontare e il piano strutturale e quello tematico.
La prima corrispondenza fra le due opere fa capo ai principi cardine della poetica modernista, da entrambi apertamente utilizzata. Nessuna delle due opere, infatti, presenta un cronotopo lineare, c’è piuttosto un utilizzo manifesto di allusioni, biografiche o culturali, citazioni in lingue differenti, rimandi intertestuali ad altre opere e riferimenti alla mitologia. In effetti, di Poėma bez geroja, si è parlato come del «flusso di voci differenti e reminiscenze che formano lo schema pluridimensionale di quest’opera» (Ušakova 2016: 67-69). Inoltre, con particolare riferimento proprio alla mitologia, è doveroso sottolineare come Achmatova si appropri, in questo poema, del metodo mitico eliotiano. In questo caso, Achmatova fa uso del metodo mitico per la necessità di collegare passato e presente (all’interno di Poėma bez geroja, infatti, vengono presentate “età” differenti). In questa urgenza di collegare passato e presente si instaura in realtà un ulteriore collegamento, quello fra mitico e reale, fra leggenda e verità. E, come in The Waste Land troviamo alla base la leggenda del Santo Graal e il mito celtico di Parsifal, il re pescatore, in Achmatova viene chiarito subito in Posvjaščenie(Dedica) il riferimento alla storia di Antinoo, un fedelissimo dell’imperatore Adriano che morì al suo fianco annegando nel Nilo durante una missione in Egitto. Le circostanze della sua morte non vennero mai chiarite: se fu un suicidio, un annegamento accidentale o un rito sacrificale come oggi vorrebbe la leggenda non è dato saperlo. Quel che si può notare però, è che la morte-per-acqua, in Egitto, è associata ad un rito simboleggiante il declino dei poteri della natura e la scomparsa di persone reali (Ušakova 2016 : 72) e nella sezione del poema achmatoviano intitolata Posvjaščenieprotagonista è, in effetti, il suicidio del ventenne Vsevolod Knjazev, il giovane poeta uccisosi per l’amore non corrisposto dell’attrice Ol’ga Sudejkina. Ed è qui, nella fedeltà morbosa di Antinoo all’imperatore Adriano, che si può ravvisare la stessa morbosità che ha portato Knjazev a suicidarsi per la Sudejkina; il paragone fra i due personaggi, uno della storia mitica, l’altro della storia reale è tangibile e la corrispondenza mito-realtà, passato-presente è assolutamente rispettata.
Il rimando testuale alla leggenda di Antinoo compare ai versi 6 e 7 di Posvjaščenie: «И темные ресницы Антиноя / Вдруг поднялись – […]»5. Una ulteriore associazione con il metodo mitico eliotiano è da rintracciarsi nella prima parte del poema, Čast’ pervaja. Devjat’sot trinadcatyj god. Peterburgskaja povest’ (Prima parte. Il Novecentotredici. Racconto pietroburghese), in cui Achmatova narra l’anno 1913 sotto forma di mito ai lettori degli anni ’60. Tutto il «racconto pietroburghese» trascina con sé un retrogusto di leggenda e profezia, caratteristiche portanti della forma del mito (Ušakova 2016: 73).
Un ulteriore punto di contatto fra la due opere risiede, formalmente, nell’assenza in entrambe dei parametri che caratterizzano e identificano la forma del poema epico tradizionale. Nel caso di Eliot ed Achmatova, nonostante entrambe le opere tentino, alla loro maniera, di ricalcare e inserirsi nella tradizione del poema epico, sono assenti alcuni elementi principe quali: una trama lineare e la mancanza di un eroe marcato, riconoscibile, messo a fuoco. In nessuna delle due opere c’è un eroe-protagonista delineato nel proprio ruolo o adeguatamente caratterizzato.
Un ulteriore punto di aderenza fra le opere risiede nell’utilizzo che questi due autori fanno delle note. Entrambi i poemi sono infatti corredati da note scritte di proprio pugno. In questo caso è da riconoscere l’influenza di Eliot su Achmatova piuttosto che il contrario, primariamente perché The Waste Land è di circa un ventennio precedente rispetto all’inizio della stesura di Poėma bez geroja6, ed in secondo luogo perché non tutte le edizioni del poema achmatoviano presentano un’appendice di note (Ušakova 2016: 73).
Volendo confrontare le due opere non più solo da un punto di vista formale, ma addentrandosi invece verso quello che può essere un parallelismo tematico o semantico, conviene notare la materia storica che entrambe le opere intendono portare in scena. Al centro ci sono i grandi sconvolgimenti novecenteschi: in Eliot troviamo il desolato scenario britannico alla fine della Prima Guerra Mondiale, in Achmatova i cataclismi abbattutisi sulla Russia del XX secolo, fra i quali, anche in questo caso, la Prima Guerra Mondiale, la Rivoluzione del 1917, il Terrore staliniano, la Grande Guerra Patriottica. Il collante, questa volta, risulta dalla comune resa della tematica storica, ossia la visione apocalittica con cui vengono presentati, descritti e narrati gli eventi.
Anche se abbiamo sottolineato la mancanza di un eroe epico connotato alla maniera tradizionale, questo non significa che le opere non si leghino attraverso la scelta del protagonista: il tempo certamente, ma soprattutto è lo spazio a configurarsi come il vero eroe di entrambe le opere. Entrambi i poeti utilizzano una città-simbolo, c’è Londra per Eliot e Pietroburgo, Pietrogrado, Leningrado per Achmatova. Del fatto che la città sia una presenza da cui non si può prescindere o dalla quale non ci si può alienare ce ne parla la terza parte del poema achmatoviano, Čast’ tret’ja. Ėpilog. (Parte terza. Epilogo), in cui la poetessa si lascia andare ad una lunga ode a San Pietroburgo.
Poėma bez geroja e Four Quartets a confronto
Spostandoci adesso sul secondo parallelismo, quello che vede in analogia Poėma bez geroja con una delle ultime opere di T. S. Eliot, Four Quartets, ricordiamo in primo luogo come la poetessa fosse entrata in contatto con l’opera del poeta britannico. Come si legge dalla testimonianza di V.V. Ivanov (Ušakova 2016: 72 ; Toporov 1973: 157), Achmatova riceve in dono l’opera da Boris Pasternak dopo la Seconda Guerra Mondiale, quindi negli anni di poco successivi all’inizio della stesura del proprio poema7.
Anche in questo caso si possono ravvisare analogie ed assonanze fra le due opere, sia sul piano formale che su quello semantico. Oltre all’inserimento di vere e proprie citazioni testuali dall’opera di Eliot, Achmatova si appropria anche di alcune riprese tematiche, come il motivo della memoria o quello della danza, e le ricolloca all’interno del proprio testo.
Fondamentali ed imprescindibili sono i casi di citazione testuale eliotiana. Innanzitutto, conviene subito chiarire quale ruolo ricopra, per Achmatova, l’epigrafe. Come molti studiosi hanno fatto notare, nella poetica di Achmatova l’epigrafe riveste un ruolo primario, fondante, in quanto è un espediente che aiuta la poetessa a definirsi. Ella è solita citare altri autori proprio perché concepisce la propria poesia in relazione dialogica con altri testi (Civ’jan 2001: 185).
Una delle citazioni eliotiane più visibili e riconoscibili è quella posta proprio in epigrafe di Čast’ vtoraja. Intermecco. Reška (Parte seconda. Intermezzo. Il rovescio della medaglia) «In my beginning is my end». Nel poema viene attribuita a Maria di Scozia, ma in realtà è la ripresa testuale di un verso di East Coker di Eliot, rintracciabile sia al primo che al quattordicesimo verso della sezione. Una variante a questa prima epigrafe presente in alcune edizioni di Poėma bez geroja è «My future is my past» che a sua volta riecheggerebbe il terzo verso di Burnt Norton I, il quale recita: «And time future contained in time past» (Toporov 1973: 157). Ma i casi di citazione eliotiana non finiscono con le epigrafi, infatti sembra che Burnt Norton I possa addirittura aver ispirato la prima parte del poema. Secondo Toporov, dunque, l’inizio di Burnt Norton I e quello di Poėma bez geroja presenterebbero notevoli analogie (Toporov 1973: 159-162):
Burnt Norton I:
Time present and time past
|
Poėma bez geroja:
[…] |
Toporov ha notato come i versi achmatoviani «Как в прошедшем грядущее зреет, / Так в грядущем прошлое тлеет» siano quasi lo specchio dei seguenti versi di Eliot: «Time present and time past / Are both perhaps present in time future, / And time future contained in time past».
Inoltre, al verso undici di Burnt Norton I troviamo i «Footfalls echo» che potrebbero essere il corrispettivo di «Звукшагов», il suono dei passi, presente sia nel frammento citato in precedenza che nella terza parte, l’epilogo, in cui si parlerà di «Звук шагов в Эрмитажных залах» cioè, ancora una volta, del suono dei passi nelle sale dell’Ermitage.
Ancora, il «Round the corner» della quartina 19-22 «Other echoes / Inhabit the garden. Shall we follow? / Quick, said the bird, find them, find them, / Round the corner […]», è riscontrabile in Achmatova dopo che ha citato l’«Ospite dal futuro»: «Повернув налево с моста?»10. Ed anche nell’epilogo, ossia nella terza parte del poema, quando si legge «Это где-то здесь – за углом»11.
Passiamo adesso al motivo delle «Dead leaves», ossia delle «Foglie morte», che in Eliot si ritrova non solo al verso 26 di Burnt Norton I «Moving without pressure, over the dead leaves», ma anche in Little Gidding II «While the dead leaves still rattled on like tin / Over the asphalt where no other sound was». Anche in questo caso, ravvisare una analogia con i versi achmatoviani è piuttosto naturale, dal momento che anche la poetessa utilizza la stessa immagine delle «Foglie morte» nel suo verso «Страшный праздник мертвой листвы»12.
Si può considerare come ultima citazione testuale quella che coinvolge l’ «Отражение», ossia il «Riflesso». In Eliot, infatti, si legge al verso 7 di Little Gidding I «Reflecting in a water mirror», mentre in Achmatova questo verso si trasforma, nell’epilogo del poema, in «Отражение мое в каналах»13.
Danza e memoria: motivi comuni
L’ultimo punto di contatto fra le due opere si risolve nella ripresa di due motivi, già citati precedentemente, quello della memoria e quello della danza.
In Eliot il tema della memoria si trova principalmente in The Dry Salvages IV e in Little Gidding III ed è generalmente legato al tema della Storia.
The Dry Salvages IV:
[…] I have said before
That the past experience revived in the meaning
Is not the experience of one life only
But of many generations — not forgetting
Something that is probably, quiete ineffable:
The backward look behind the assurance
Of recorded history, the backward half-look
Over the shoulder, towards the primitive terror14,
Little Gidding III:
[…] This is the use of memory;
For liberation — not less of love but expanding
Of love beyond desire, and so liberation
From the future as well as the past […]
[…]
[…] History may be servitude,
History may be freedom15 […]
Anche in Poėma bez geroja quello della memoria è un tema pervasivo: in alcuni casi Achmatova lo intende in relazione alla memoria biologica, in altri lo lega al tema della morale o a quello della Storia, proprio come Eliot (Toporov 1973: 168-170). Molte, infatti, sono le parole connesse alla memoria rintracciabili nel poema achmatoviano: «pam’jat», «pomnju», «zapomnju», «vspomnju», «vospominanie»16. Un esempio fra tutti, quello presente nei versi finali di Vtoroe posvjaščenie (Seconda dedica):
Я ее тебе наяву,
Если хочешь, отдам на память,
Словно в глине чистое пламя
Иль подснежник в могильном рву17
In questo caso, il motivo della memoria si lega anche a quello della Fiamma, del Fuoco (Toporov 1973: 170) e questo dà modo di riscontrare una ulteriore analogia fra le due opere, poiché sempre in Little Gidding V, successivamente al tema della memoria si può ritrovare proprio quello della fiamma:
And all shall be well and
All manner of thing shall be well
When the tongues of flame are in-folded
Into the crowned knot of fire
And the fire and the rose are one18.
Spostandoci invece sul motivo della danza, ritroviamo anche questo in entrambi gli autori e si sviluppa in annessione al motivo del tempo (Toporov 1973: 172-173).
In Eliot lo si trova in Burnt Norton II:
The dance along the artery
The circulation of the lymph
Are figured in the drift of stars
Ascend to summer in the tree
We move above the moving tree
[…]
Neither from nor towards; at the still point, there the dance is,
But neither arrest nor movement. And do not call it fixity,
Where past and future are gathered. Neither movement from nor [towards,
Neither ascent nor decline. Except for the point, the still point,
There would be no dance, and there is only the dance19.
In Achmatova il motivo della danza è altrettanto frequente, tanto da spingere Toporov (Toporov 1973: 175) a categorizzarlo come un vero e proprio leitmotiv che abbraccia tutte le componenti dell’opera, dai personaggi al ritmo dei versi. Alcuni esempi: «Ты, что козью пляшешь чечетку…»20, «Вкруг костров кучерская пляска»21, «Вижу танец придворных костей…»22 e anche
Как копытца, топочут сапожки,
Как бубенчик, звенят серёжки,
В бледных локонах злые рожки,
Окаянной пляской пьяна23,
[…]
In ultima analisi, come suggerisce già Toporov, è opportuno ricordare che, nonostante i due autori possano servirsi dei medesimi temi, esiste comunque una discrepanza nel modo in cui il tema del tempo viene rimaneggiato all’interno delle opere di ciascuno di loro (Toporov 1973: 175).
Benché le eco ed i rimandi ad altri autori in Achmatova tendano a rimanere spesso celati, il confronto sul piano intertestuale appena operato fra Poėma bez geroja e le due opere eliotiane si presenta come valido e coerente. Certo è che, nonostante i molteplici richiami e l’afflusso di citazioni da The Waste Land e Four Quartets, le due opere di Eliot sarebbero solo una esigua parte del compendio di allusioni e connessioni a cui ci ha abituati Achmatova nel suo poema. Non resta che un invito, allora, ad esplorare questo testo in tutto il suo complesso equilibrio di invenzione, rielaborazione e prestiti.
Bibliografia
ACHMATOVA Anna (1998), Sobranie sočinenij v šesti tomach, Moskva, Ėllis Lak.
– (1992), La corsa del tempo. Liriche e poemi, Colucci M. (dir.), Torino, Giulio Einaudi editore.
– (1966), Poema senza Eroe e altre poesie, Riccio C. (dir.), Torino, Giulio Einaudi editore.
– (1962), Poesie, introduzione e traduzione di Carnevali B., Parma, Ugo Guanda editore.
CIV’JAN Tat’jana (2001), «Ob odnom achmatovskom sposobe vvedenija čužogo slova: ėpigraf», In: Civ’jan T., Semiotičeskie putešestvija, Sankt-Peterburg, Izdatel’stvo Ivana Limbacha, p. 184-195.
ELIOT Thomas Stearns (2017), La terra desolata, Serpieri A. (dir.), Milano, BUR Rizzoli.
– (1969), Quattro quartetti, traduzione e note di Donini F., Milano, Garzanti.
NAJMAN Anatolij (1999), Rasskazy o Anne Achmatovoj, Moskva, Vagrius.
– (1991), Remembering Anna Akhmatova, introduzione di Brodskij J., traduzione di Rosslyn W., London, Peter Halban Publishers LTD.
NIVAT Georges (1989), «Baročnaja poėma», In: Dedjulin S., Superfin G. (dir.), Achmatovskij sbornik, Pariž, Institut slavjanovedenija, p. 99-108.
RICCIO Carlo (2016), «Réflexions sur la traduction du “Poème sans Héros”», In: Victoroff T. (dir.), Anna Akhmatova et la poésie européenne, Bruxelles, Bern, Berlin, Frankfurt, New York, Oxford, Wien, Peter Lang Publishing Group, p. 199-205.
– (1996), Materiali per un’edizione critica di “Poėma bez geroja” di Anna Achmatova, Macerata, Giardini.
TOPOROV Vladimir (1973), Kotzvukam zapadnoevropejskoj poėzii u Achmatovoj (T. S. Ėliot), «International Journal of Slavic Linguistics and Poetics», 16, Moskva, p. 157-172.
UŠAKOVA Ol’ga (2016), «“A word which is not mine”: T.S. Eliot “The Waste Land” and Anna Akhmatova’s “Poem without a Hero”», In: Victoroff T. (dir.), Anna Akhmatova et la poésie européenne, Bruxelles, Bern, Berlin, Frankfurt, New York, Oxford, Wien, Peter Lang Publishing Group, p. 61-76.
Note
- Si tenga conto, d’ora in avanti, la fonte primaria dalla quale si è scelto di estrapolare avvenimenti e riferimenti della vita di Achmatova: Achmatova Anna (1998) Sobranie sočinenij v šesti tomach, Moskva, Ėllis Lak.
- In traduzione italiana: «Durante l’estate del 1915 a Slepnёvo leggevo Racine (Adesso, <nel> 1965, – Donne e Eliot. Costantemente Shakespeare)».
- In traduzione italiana: «In questo mese quando ho avuto bisogno di conforto, solo Eliot me lo ha portato».
- In traduzione italiana: «In questo sta la forza di Iosif: ha portato quello che nessuno conosceva: T. Eliot, John Donne, Purcell – questi inglesi potenti e superlativi!».
- Tutte le traduzioni di Poėma bez geroja sono a cura di Carlo Riccio. La traduzione dei versi 6 e 7 è: «E d’Antinoo le ciglia scure/ Vedo a un tratto sollevate […]»
- The Waste Land, ricordiamo, viene pubblicato nel 1922 mentre Achmatova inizierà la stesura di Poėma bez geroja soltanto nel 1940 e non riuscirà a concluderla fino al 1962, anno in cui, dopo innumerevoli rimaneggiamenti, l’opera vedrà finalmente la luce. Inoltre, se per l’opera di Eliot le note costituiscono una appendice presente fin dalla sua prima pubblicazione, ad Achmatova serviranno diverse revisioni affinché la poetessa possa aggiungervele.
- Stesura che, ricordiamo, comincia intorno al 1940.
- Tutte le traduzioni di Four Quartets provengono da ELIOT T.S. (1969), Quattro quartetti, traduzione e note di F. Donini, Milano, Garzanti: «Il tempo presente e il tempo passato / Sono forse presenti entrambi nel tempo futuro, / E il tempo futuro è contenuto nel tempo passato. / Se tutto il tempo è eternamente presente / Tutto il tempo è irredimibile. […] / Ciò che poteva essere e ciò che è stato / Tendono a un solo fine, che è sempre presente. / Passi echeggiano nella memoria / Lungo il corridoio che non prendemmo / Verso la porta che non aprimmo mai / Sul giardino delle rose. […] / Altri echi / Vivono nel giardino. Li seguiremo? / Presto, disse l’uccello, trovàteli, trovàteli, / Girato l’angolo. […]»
- In traduzione italiana: «Come nel passato matura il futuro, / Così nel futuro marcisce il passato – Orrenda festa delle foglie morte. / Un rumor di passi, di quei che non esistono, / Per il parquet rilucente / E del sigaro l’azzurro fumo. / E in tutti gli specchi s’è riflesso / Colui che non s’è fatto vedere / E in quella sala non poteva penetrare. […] / L’ospite dal futuro! – Sarà poi vero / Ch’egli venga davvero da me, / A sinistra svoltando dal ponte?»
- In traduzione italiana: «A sinistra svoltando dal ponte?»
- In traduzione italiana: «Dev’essere qui – dietro l’angolo».
- In traduzione italiana: «Orrenda festa delle foglie morte».
- In traduzione italiana: «Il mio riflesso nei canali».
- In traduzione italiana: «[…] Ho già detto / Che l’esperienza passata rivissuta nel significato / Non è l’esperienza di una vita sola / Ma di molte generazioni, – senza dimenticare / Qualcosa che probabilmente è del tutto inesprimibile: / Lo sguardo indietro al di là della certezza / Della storia documentata, la timida occhiata / Alle spalle, al terrore primitivo.».
- In traduzione italiana: «[…] A questo serve la memoria: / A liberarci… Non meno amore, ma un’espansione / Dell’amore al di là del desiderio, e così liberazione / Dal futuro come dal passato […] / La storia può essere servitù, / La storia può essere libertà […] ».
- In questo caso si è coscientemente scelto non di tradurre ma di traslitterare poiché, in russo, i termini citati (per la maggior parte verbi coniugati alla prima persona singolare), si differenzierebbero attraverso sfumature semantiche piuttosto blande, il lettore italiano non potrebbe quindi apprezzarne la varietà, visto che, in traduzione, si ridurrebbero quasi tutti allo stesso verbo (ricordare) o avrebbero bisogno di un complemento. L’idea di traslitterare nasce dalla volontà di far cogliere al lettore non specializzato il forte grado di parentela fra i termini se non sul piano semantico, quantomeno su quello sonoro.
- In traduzione italiana: «Io a te nella realtà, / Se vuoi, la renderò per ricordo, / A guisa di pura fiamma nella creta / O bucaneve in una fossa mortuaria».
- In traduzione italiana: «E tutto sarà bene, e / Ogni sorta di cose sarà bene / Quando lingue di fuoco s’incurvino / Nel nodo di fuoco in corona / E il fuoco e la rosa sian uno».
- In traduzione italiana: «La danza lungo l’arteria / La circolazione della linfa / Han figura nel corso degli astri, / Raggiungon l’estate nell’albero. / Noi muoviamo al di sopra dell’albero […] Né muove da né verso; al punto fermo, là è la danza, / Ma né arresto né movimento. E non la chiamare fissità, / Quella dove sono riuniti il passato e il futuro. Né moto da né verso, / Né ascesa né declino. Tranne che per il punto, il punto / fermo, / Non ci sarebbe danza, e c’è solo la danza».
- In traduzione italiana: «Tu, che balli la caprina čečëtka».
- In traduzione italiana: «Intorno ai falò una danza di cocchieri,».
- In traduzione italiana: «Vedo un ballo d’ossa cortigiane…».
- In traduzione italiana: «Picchiano a guisa di zoccoli gli stivaletti, / Gli orecchini hanno un tintinnio di sonagli, / Le perfide corna fra i pallidi riccioli, / È ebbra della danza maledetta;».