La ferocia della ragione: Millennium People di J. G. Ballard

In a totally sane society, madness is the only freedom, and the more civilised we are, the more ruled by reason, the greater the unconscious need for some sort of irrational outbreak grows within us. But the fathers of the Enlightenment never accepted that […] The Enlightenment view of mankind is a complete myth. It leads us into thinking we’re sane and rational creatures most of the time, and we’re not. (Ballard 2003)

La nascita letteraria di James Graham Ballard risale al 1956, anno in cui i suoi racconti Escapement e Prima Belladonna vengono pubblicati rispettivamente sulle riviste di fantascienza New Worlds e Science Fantasy. In quest’epoca Ballard ritiene che la fantascienza sia l’unica forma di letteratura possibile nell’età contemporanea, l’unica capace di mettere a nudo le angosce profonde dell’essere umano1. Una prima chiara formulazione delle sue idee si ha nell’articolo «Which Way to Inner Space?» (Ballard 1962) nel quale lo scrittore, contrapponendo il cosiddetto “inner space” all’“outer space”, spazio classico della fantascienza, invita gli autori di fantascienza ad abbandonare temi esausti e vecchie forme, per dare vita a una narrativa capace di penetrare l’inconscio dell’essere umano, che in realtà è il grande universo da scoprire. Per condurre l’indagine sull’“inner space” Ballard attinge a una profonda conoscenza dell’arte surrealista e della psicoanalisi, due elementi che influenzano tutta la sua narrativa. Tali interessi, uniti alla passione per la fantascienza e il cinema, alimentano in lui la propensione per una scrittura apocalittica e visionaria, tesa a indagare le pulsioni che percorrono il singolo individuo e l’intera società (Gasiorek 2005).

A una prima fase dedicata al genere catastrofico e rappresentata dalla tetralogia The Wind from Nowhere (1961), The Drowned World (1962), The Burning World (1964) e The Crystal World (1966), segue per Ballard un periodo di scrittura sperimentale, quello dei condensed novels (Linnett 1974). È sicuramente nel campo della narrativa breve che la sua fantasia e le sue capacità di scrittore raggiungono i loro vertici; all’interno dei suoi racconti molte delle situazioni e dei paesaggi che si ritrovano nei romanzi ― deserti o località marittime in inverno, automobili e macchinari distrutti, edifici abbandonati, scenari desolati ― trovano espressione in una forma più immediata e incisiva (Gasiorek 2005).

Con The Atrocity Exhibition (1970), opera trasgressiva per lo sguardo impietoso che getta sulle depravazioni e le manie dell’essere umano contemporaneo, Ballard prende in esame la capacità dei media di manipolare l’immaginario del pubblico. L’interesse per la tecnologia e per temi come l’ossessione per il potere, la pornografia e la follia porta poi l’autore a scrivere quelli che sono considerati da molti i suoi capolavori: Crash (1973), Concrete Island (1974) e High-Rise (1975). Nel 1984 viene invece pubblicato The Empire of The Sun, romanzo autobiografico che narra l’infanzia trascorsa nella concessione britannica di Shanghai.

A partire da quegli anni, Ballard si allontana gradualmente dalla fantascienza, approdando a una scrittura intessuta di contaminazioni e interazioni con altri generi letterari. Tuttavia il suo scopo resta sempre quello di esplorare i condizionamenti prodotti nella psiche dell’individuo dai mutamenti occorsi nell’ambiente in cui si trova immerso. Cocaine Nights (1996) e Super-Cannes (2000), insieme a Millennium People (2003) e Kingdom Come (2006), mettono in scena il mondo urbano con le sue nevrosi e la rivolta della middle class nei confronti di un sistema che la condanna a un ruolo sempre più subalterno.

È probabile che l’acuta sensibilità dello scrittore inglese per temi come la violenza, l’isolamento e il caos sociale sia una diretta conseguenza dell’esperienza che egli visse da ragazzo nel campo di prigionia di Shangai, dove si trovò faccia a faccia con la barbarie umana. Ciò che colpisce di più di Ballard, tuttavia, è la sua abilità nell’individuare, nel mondo attuale, i segnali nascosti e le inquietudini che preannunciano un imminente deragliamento della società.

La fabula

La vicenda di Millennium People prende l’avvio con una bomba che esplode all’aeroporto di Heathrow; si tratta di un attentato terroristico che resta privo di rivendicazione. Il protagonista-narratore del romanzo, lo psicologo David Markham ― che perde l’ex moglie nell’attentato ― si mette sulle tracce dei colpevoli, decidendo di infiltrarsi in alcune organizzazioni di protesta e finendo per entrare in un gruppo che ha la propria base in un ridente quartiere sulle rive del Tamigi, Chelsea Marina. Il quartiere è diventato il teatro di violente manifestazioni di protesta da parte dei residenti, risultato delle quali sono barricate di macchine ribaltate, falò di libri, quadri, giocattoli e video educativi. L’attentato e la rivolta di Chelsea Marina hanno una matrice unica; il gruppo che li ha ispirati, capeggiato dall’ambiguo e carismatico pediatra Richard Gould, sembra avere il fine di sollevare il ceto medio dalla sua passività politica, dalla pavida osservanza delle norme e del politicamente corretto, dalla schiavitù nei confronti di scuole private, rate e assicurazioni. Gli abitanti del quartiere, liberi professionisti, dirigenti e impiegati, persone responsabili che lavorano per un futuro migliore, che educano i figli per prepararli a integrarsi nel sistema, che credono nell’impegno professionale e nella carriera, si rivoltano nel momento in cui i costi per mantenere le loro lussuose abitazioni lievitano così tanto da mettere a repentaglio la loro permanenza nel quartiere. La borghesia, blandita con sogni di evasione e promesse di avanzamento sociale, indebitata fino al collo per uno stile di vita divenuto troppo dispendioso, precipitata dal ruolo di fondamento della società industriale a quello di classe subordinata, inizia a vedere se stessa come il nuovo proletariato.

Chelsea Marina è l’emblema delle gated communities dell’Inghilterra contemporanea, le cittadelle chiuse dei quartieri residenziali in cui la classe media pratica l’autoreclusione. Sotto questa patina di splendore e sicurezza, tuttavia, comincia ad affacciarsi la consapevolezza di una vita vuota di senso. Quando neanche le forme oppiacee e illusorie d’intrattenimento offerte dal Sistema bastano più a uscire dalla routine e la noia appare come la nuova, invincibile forma di alienazione, a cadere sotto i colpi della rivolta è proprio ciò che in apparenza serve a rendere disponibili forme d’intrattenimento e d’evasione: cineteche, librerie, agenzie di viaggio. Al tempo stesso i rivoltosi si ribellano anche ad altri logori idoli tradizionali della borghesia, in nome di una confusa ansia di libertà e di rinnovamento. Essi provocano così attentati dinamitardi dimostrativi ― tanto clamorosi quanto irrazionali e incoerenti ― a una mostra felina a Olympia, alla statua di Peter Pan nei giardini di Kensington, alla tomba di Marx nel cimitero di Highgate.

Lo scopo del dottor Gould è di abbattere la società dei consumi per lasciare spazio a un’esistenza maggiormente ricca di significato, cosa che richiede, a suo avviso, l’utilizzo della violenza, tanto più liberatoria quanto più efferata e gratuita. Markham, pedina sempre più affascinata del gioco, diviene vittima delle manie psicotiche del dottore. Durante la sua indagine, che si trasforma per lui in una ricerca interiore, Markham entra in contatto con una serie di figure che, sebbene all’apparenza integrate nella società, sono tutte in realtà invischiate nella rivolta, divenuta un mezzo per sanare le proprie frustrazioni. Le storie dei vari personaggi s’intrecciano sempre più, con un crescendo di malessere mentale e di atti brutali. La vicenda, dopo un climax conclusivo che svela piani, motivi e colpevoli, si chiude senza fuochi d’artificio. Priva di vincitori né vinti, la sollevazione esaurisce la sua forza. Ciò anche perché gli ex professionisti che hanno tentato di metterla in atto sono ancora troppo intrisi di etica dell’ordine e psicologicamente dipendenti nei confronti dello stile di vita moderno per portare la rivolta alle sue conseguenze più estreme. E questo Gould lo intuisce: «Nothing will happen. The storm will die down, and everything will peter out in a drizzle of television shows and op-ed pieces. We’re too polite and too frivolous» (p. 170).

Tutto si risolve in un ribasso nel valore degli immobili a Chelsea Marina. Almeno in superficie la consuetudine sembra ripristinata. Si torna alla normalità, tuttavia con uno sguardo diverso. E sono i pensieri del protagonista, reintegrato nella società, a suggerircelo: «I was thinking of another time, a brief period when Chelsea Marina was a place of real promise, when a young pediatrician persuaded the residents to create a unique republic, a city without street signs, laws without penalties, events without significance, a sun without shadows» (p. 293-294).

Il genere

Volendo identificare Millennium People dal punto di vista del genere letterario, possiamo innanzitutto sottolineare che presenta alcuni elementi del thriller, genere che attraverso la tensione narrativa tiene il lettore in sospeso fino alla conclusione della storia (Gasiorek 2005). Tuttavia, ritengo si debba accostare questo romanzo in primo luogo alla narrativa distopica. Antagonistica all’utopia, la distopia descrive una società indesiderabile. Innestandosi su processi storici in atto nel presente, essa porta all’estremo le tendenze negative operanti in esso, le quali, se non smascherate e ostacolate, possono condurre a una società distopica. Opera di avvertimento, la distopia rappresenta un invito ai lettori a mantenere un approccio critico verso la realtà che li circonda e a progettare un mondo migliore (Moylan 2000).

Ciò che tuttavia distingue Millennium People da una distopia classica è che Ballard non focalizza il proprio interesse su un futuro più o meno distante: il romanzo è collocato nel presente, in una Londra di inizio millennio abitata da borghesi sempre più insoddisfatti e insicuri, che vedono nella violenza l’unico strumento per cambiare un mondo che detestano. Ciò non toglie, tuttavia, che lo scrittore si riallacci qui alla tradizione distopica, nella quale si rappresenta talvolta una società apparentemente utopica, libera dalla povertà, dal conflitto e perfino dall’infelicità, che tuttavia, attraverso uno smascheramento, si rivela totalmente l’opposto. In tali romanzi la società, fortemente gerarchizzata, è mantenuta relativamente stabile e compatta attraverso una martellante propaganda operata dal regime, il quale non lascia spazio al dissenso e all’individualità. Ciò vale, in particolare, per Brave New World (1932) di Aldous Huxley, mentre altre distopie ― Mi (1922) di Evgenij Zamjatin, e Nineteen Eighty-Four (1948) di George Orwell ― delineano terribili ipotesi di mondi futuri autoritari e invivibili, nei quali il potere mira non alla felicità dei cittadini, ma al mantenimento di se stesso schiacciando implacabilmente l’individuo (Moylan 2000).

Niente del genere, in apparenza, accade nel romanzo di Ballard, dove la società non è sottomessa al rigido controllo dello Stato. I cittadini londinesi, che godono di pieni diritti democratici, sono oppressi non dal potere politico ma da quello economico. Millennium People è ambientato in un’epoca nella quale i governi nazionali sono sempre più deboli, perché condizionati dallo strapotere della finanza globale. L’obiettivo delle multinazionali è produrre la massificazione degli interessi, indurre mode e tendenze, pervenire a un totale appiattimento culturale. Stimolando l’individuo alla dipendenza dai beni materiali, esse lo obbligano a un consumo sfrenato che in realtà non porta alcun godimento. La borghesia, vittima della vita frenetica che conduce a motivo della corsa affannosa all’appagamento dei desideri indotti, sperimenta direttamente l’anonima brutalità di un capitalismo selvaggio il cui unico scopo è il profitto, ottenuto a qualsiasi costo. Mettendo in atto azioni terroristiche su luoghi deputati a rappresentare la sua identità sociale e culturale, essa si ribella a un sistema che la rende schiava dei propri bisogni. Si tratta ovviamente di una rivoluzione sui generis, che non è portata avanti dalle classi povere per l’ottenimento di diritti fondamentali, ma dal ceto medio, che vede sgretolarsi davanti a sé una vita fatta di privilegi.

Millennium People si avvicina infine al genere distopico per l’attenzione riservata ai condizionamenti psichici e culturali di cui l’individuo è fatto oggetto. Già Huxley aveva affrontato, in Brave New World (1932), temi quali la manipolazione della mente dell’individuo attraverso le droghe, il conformismo, l’ideologia e le tecnologie, strumenti utilizzati dal potere per forgiare un nuovo modello di società (Rabkin et al. 1983). Ballard si pone per certi aspetti sulla sua scia, rivolgendo il proprio sguardo disincantato alle deformazioni delle nostre capacità percettive provocate dai mutamenti avvenuti nel mondo esterno.

Opera di ampio respiro, Millennium People presenta senza dubbio anche i tratti del romanzo socio-politico, invitando implicitamente il lettore alla riflessione sulle tendenze socio-culturali in atto. Partendo dall’osservazione concreta della vita quotidiana, l’autore getta luce sui tratti caratteristici del panorama sociale, tecnologico e politico, sulle trasformazioni avvenute nei modelli ideologici ed economici, permettendo al lettore stesso di cogliere i pericoli insiti nella realtà contemporanea.

La forma del romanzo

Originale nell’ispirazione e nei contenuti, Millennium People lo è anche nella forma, peraltro rigorosamente funzionale alle intenzioni dell’autore già a partire dal titolo, che non ha paura di suonare epocale: in esso Ballard comunica chiaramente l’idea che è in atto una mutazione in una parte della società e che è sua intenzione cogliere lo spirito del tempo, preconizzandone sviluppi e degenerazioni. I sottotitoli, dal canto loro, se nella maggior parte dei casi hanno la mera funzione di introdurre a grandi linee e in modo neutrale l’argomento del capitolo che segue, contribuiscono in altri a esplicitare il giudizio critico dell’autore, a fornire un commento spesso allusivo e ironico al capitolo stesso. Di questo tipo sono, ad esempio, «The Upholstered Apocalypse» (p. 67), «Amateurs and Revolutions» (p. 244) and «The Sentimental Terrorist» (p. 257), sottotitoli che veicolano l’idea di una rivoluzione votata al fallimento, perché condotta da una classe annoiata e privilegiata, che in fin dei conti non è in grado di concepire delle alternative esistenziali, degli stili di vita diversi da quelli che l’hanno fino ad ora gratificata.

La materia romanzesca è suddivisa in trentacinque brevi capitoli; la narrazione serrata e i frequenti cambi di scenario da un capitolo all’altro alimentano una tensione crescente che tiene il lettore avvinto. Inoltre, il continuo rimescolamento dei piani temporali e spaziali, unito a una scrittura dal taglio marcatamente cinematografico, rende l’opera strutturalmente affine a una composizione filmica. Nelle sequenze del romanzo dedicate alla descrizione ambientale, il paesaggio apocalittico e desolato di Chelsea Marina appare davanti agli occhi del lettore nei suoi dettagli più minuti e realistici.

Distracted by the sight of so many empty houses, I tripped on the kerb and leaned against a builder’s skip heaped with household possessions. […] The skip was filled with books, tennis rackets, children’s toys and a pair of charred skis. Beside a school blazer with scorched piping was an almost new worsted suit, the daytime uniform of a middle-ranking executive, lying among the debris like the discarded fatigues of a soldier who had thrown down his rifles and taken to the hills. The suit seemed strangely vulnerable, the abandoned flag of an entire civilization. (p. 8)2

Come risulta evidente dall’estratto, la descrizione particolareggiata degli oggetti gettati dai residenti di Chelsea Marina nell’enorme contenitore è un mezzo per mettere in scena le convinzioni ideologiche di questi ultimi tramite un atto concreto. Disfacendosi degli abiti e degli accessori che rappresentano visivamente la loro appartenenza alla classe media, degli oggetti che caratterizzano le loro esistenze agiate, ma allo stesso tempo cariche di responsabilità, i rivoltosi intendono protestare contro una società dei consumi che li rende schiavi.

Per analizzare infine la tecnica utilizzata da Ballard nel ritrarre i personaggi, possiamo citare la rappresentazione del dottor Gould delineata dal narratore-protagonista:

I recognized Gould when I was thirty feet from him. He stood with his back to me, head craning at the swaying branches, hands clutching at the air like a devout seminary student gazing at a rose window in a great cathedral. […] His bony face was lit by the sun, a pale lantern swaying among the tree trunks. He stared over my head, his attention fixed on a point far beyond the focus of his eyes. All the bones in his face had come forward, their sharp ridges cutting against the transparent skin, as if his skull was desperate for the light. His threadbare suit was soaked with sweat, his shirt so damp that I could see his ribs through the shabby cotton. His expression was numbed but almost ecstatic, and his eyes followed the swirling branches in a childlike way, apparently in the throes of a warning aura before an epileptic fit. (p. 208)

La descrizione dettagliata di Gould, partendo dai movimenti del corpo, passando ai particolari fisici della persona, a quelli del viso e dell’abbigliamento, giunge a caratterizzare una figura dal fascino sinistro, un pediatra non totalmente padrone delle proprie azioni, guidato nei gesti da impulsi difficili da comprendere. L’espressione sul suo viso è quella di un visionario, il quale osserva il mondo con uno sguardo puro, che sembra appartenere al contempo a un bambino e a un folle.

Grande importanza hanno nel romanzo le numerose sequenze dialogate. Fatti spesso di battute stringate e brillanti, ricche di aforismi, i dialoghi sono un mezzo efficace per rivelare l’interiorità dei personaggi, per farne emergere la storia personale, le idee e i conflitti intimi. Allo stesso tempo, essi servono a veicolare riflessioni su temi sociali, filosofici e politici. Per ovviare al rischio che il romanzo assuma quasi i tratti di una dissertazione filosofica, Ballard fa uso nei dialoghi di un linguaggio colloquiale, talvolta crudo, certamente molto realistico. A titolo di esempio vale la pena riportare la conversazione tra Markham e Churchill riguardo all’idea che quest’ultima ha sul turismo:

«Tourism is the great soporific. It’s a huge confidence trick and gives people the dangerous idea that there’s something interesting in their lives. It’s musical chairs in reverse. Every time the muzak stops people stand up and dance around the world, and more chairs are added to the circle, more marinas, more Marriott hotels, so everyone thinks they’re winning».

«But it’s another con?»

«Complete. Today’s tourist goes nowhere. […] All the upgrades in existence lead to the same airports and resort hotels, the same piña colada bullshit. The tourists smile at their tans and their shiny teeth and think they’re happy. But the suntans hide who they really are – salary slaves, with heads full of American rubbish. Travel is the last fantasy the 20th Century left us, the delusion that going somewhere helps you reinvent yourself».

«And that can’t be done?»

«There’s nowhere to go. The planet is full. You might as well stay at home and spend the money on chocolate fudge». (p. 54-55)

Per ciò che riguarda la tecnica narrativa adottata, il narratore di Millennium People è di tipo autodiegetico, ossia un narratore partecipe del tempo e dello spazio della diegesi, che racconta avvenimenti a cui ha direttamente partecipato e di cui è il protagonista (Genette 1976). La focalizzazione non può, quindi, che essere interna e mantenersi sempre su Markham. La vicenda è dunque rappresentata in maniera filtrata, attraverso gli occhi e il pensiero del protagonista. È attraverso il punto di vista di quest’ultimo che vengono descritti gli altri personaggi, i luoghi e le peripezie che ha vissuto. La scelta di adottare la prospettiva di un personaggio rispecchia la volontà dell’autore, da un lato di entrare nella situazione di chi si trova circondato da misteri ed enigmi e, dall’altro, di rendere il personaggio più credibile e accattivante (Genette 1976).

La narrazione è ricca di anacronie, in particolare, di analessi. In Millennium People, mediante un esordio narrativo in medias res, il lettore è gettato nel vivo della vicenda. Il narratore-protagonista non racconta gli eventi nell’ordine temporale in cui sono realmente accaduti; punto di partenza del suo racconto è, infatti, la descrizione del quartiere di Chelsea Marina, già devastato dalla rivolta. Non fornendo chiarimenti (essi giungeranno soltanto con l’avanzare dell’intreccio e mediante l’utilizzo di un lunghissimo flashback), l’autore obbliga il lettore a convivere fin da subito con l’attesa e l’ambiguità. Un certo grado di suspense viene creato al fine di sollecitare il lettore nella ricostruzione e nella comprensione degli avvenimenti (Mizzau Forni 1965; Marchese 1996).

Conclusione

In Millennium People Ballard apre uno squarcio gelido sull’Inghilterra, simbolo e concentrato della società occidentale postmoderna, in preda a un’intensa forma di noia e popolata da individui che cercano di dare un senso alla propria esistenza. La decisione del protagonista di infiltrarsi nel gruppo di contestatori nasce dalla volontà di scoprire i mandanti dell’attentato, ma è nutrita soprattutto da una malcelata insoddisfazione per la propria mediocrità. Markham è l’emblema dell’individuo moderno, mentalmente instabile, che rovescia nella società il suo disagio intimo e un desiderio oscuro di ribellione. Entrando in contatto con le idee radicali dei rivoltosi, egli mette in questione i valori su cui ha da sempre fondato la sua vita. Tornando nella propria abitazione dopo un periodo trascorso a Chelsea Marina, diventa consapevole di come il mondo gli appaia con occhi diversi:

I stood up and walked around the settee, trying to work out the altered positions of the furniture. Everything was in the same place, but the perspectives had changed. I had tasted freedom, and grasped how unreal life in St. John’s Wood had become, how absurdly genteel. To Sally I said: ‘That sounds callous, but I’ve given up a lot of heavy baggage – guilt, bogus affection, the Adler. (p. 192)

Gould, invece, rappresenta il lato oscuro che Markham, e l’essere umano in genere, devono tenere sedato. Le affermazioni più radicali e taglienti del romanzo appartengono proprio a questo personaggio, che riesce a cogliere la vera natura umana:

People don’t like themselves today. We’re a rentier class left over from the last century. We tolerate everything, but we know that liberal values are designed to make us passive. We think we believe in God but we’re terrified by the mysteries of life and death. We’re deeply self-centred but can’t cope with the idea of our finite selves. We believe in progress and the power of reason, but are haunted by the darker sides of human nature. (p. 139)

Gould riasserisce la convinzione nietzschiana secondo la quale gli esseri umani hanno bisogno della violenza, del pericolo e della sfida, ma si rifugiano sotto l’ombrello della civiltà, che fornisce loro sicurezza. Il nichilismo, espressione di una crisi che ha investito la civiltà europea moderna, è per Nietzsche un evento che porta con sé decadenza e spaesamento, una sorta di malattia che conduce alla disgregazione del soggetto morale, alla debilitazione della volontà e alla perdita del fine ultimo dell’esistenza (Nietzsche 1964). La rivolta di Chelsea Marina, nella visione di Ballard, è il modello per tutta la violenza a venire, che sarà sempre più insensata e rivelatrice di un desiderio di uno shock emotivo che riesca a restituire uno spiraglio di pienezza personale e collettiva nel vuoto della vita3. L’impulso alla rivolta deriva da una condizione di sostanziale gratuità dell’esistenza. Tale visione rispecchia quella della filosofia esistenzialista, la quale considera l’uomo come un essere finito, gettato nel mondo, incapace di trovare motivazioni profonde alla propria presenza. È esattamente da qui, dal doversi confrontare con l’indeterminato, che si genera un profondo sentimento di angoscia e di precarietà (D’Alberti 1972). Anche Gasiorek, nella sua monografia dedicata a Ballard, sottolinea come Millennium People riguardi la rivolta dell’individuo nei confronti del conformismo, ottenuta mediante atti casuali di violenza, la cui insensatezza è il vero punto chiave.

By blowing a hole in space-time, terror announces in as visceral and public a manner as possible its revolt against sociality itself. […] All that is then left are solitary id-driven wills proclaiming their right to assert themselves through acts of motiveless violence in which any notion of ethical truth or programmatic social change has long since been obliterated. (Gasiorek 2005: 212)

Attraverso la sua opera Ballard conduce un’interessante analisi della struttura sociale nell’epoca del capitalismo. Con lo sguardo ironico di un osservatore distaccato, egli segnala al lettore i pericoli che incombono sul nuovo millennio. Al tempo stesso, tuttavia, pare insinuare che la salvezza sta proprio lì dove nasce la violenza, che non è volgendo le spalle al pericolo che riusciremo a imbrigliare la vena di follia insita in ciascuno di noi. Già in un’intervista del 1973 l’autore affermava infatti:

I think we’re all perhaps innately perverse, capable of enormous cruelty, yet paradoxically our talent for the perverse, the violent, and the obscene may be a good thing. We may have to go through this phase to reach something on the other side. It’s a mistake to hold back and refuse to accept one’s nature. (Burns 1981: 23)

In Millennium People Ballard rivela i tratti più peculiari e strabilianti della sua arte narrativa: la sua capacità di dipanare il filo intricato degli eventi culturali e politici, leggendoli mediante la sua personale sensibilità e mostrandoli da un punto di vista totalmente inedito e destabilizzante. E tutto questo utilizzando uno stile e una potente dimensione immaginativa che fanno del romanzo un’opera densa e coinvolgente.

Bibliografia

Ballard James Graham (2004), Millennium People, Londra, Harper Perennial.

― (2003), «Ballard of an indignant man», The Age,

consultato il 10/11/2022, URL: <https://www.jgballard.ca/media/2003_the_age.html>.

― (1970), Sci-fi seer, «Penthouse», 5, 5, p. 26-30.

― (1962), Which Way to Inner Space?, «New Worlds», 118, p. 2-3, 116-118.

Baxter Jeannette (2004), «Age of Unreason», The Guardian, consultato il 10/11/2022, URL: <https://www.theguardian.com/books/2004/jun/22/sciencefictionfantasyandhorror.jgballard>.

Burns Alan (1981), Sugnet Charles (eds.), The Imagination On Trial: British and American Writers Discuss their Working Methods, Londra, Allison and Busby.

D’Alberti Sarah (1972), Momenti dell’esistenzialismo europeo, Palermo, S. F. Flaccovio.

Gasiorek Andrzej (2005), J.G. Ballard, Manchester, Manchester University Press.

Genette Gérard (1976), Figure III: Discorso del racconto, Torino, Einaudi.

Linnett Peter (1974),  J. G. Ballard, «Corridor», 5, p. 5-7.

Marchese Angelo (1996), L’officina del racconto, Milano, Mondadori.

Mizzau Forni Marina (1965), Tecniche narrative e romanzo contemporaneo, Milano, Mursia.

Moylan Tom (2000), Scraps of the Untainted Sky: Science Fiction, Utopia, Dystopia, Boulder, CO, Westview Press.

Nietzsche Friedrich (2004), Frammenti postumi 1887-1888, Colli C. e Montinari M. (a cura di), Adelphi, Milano 1964, vol. VIII, tomo II, Milano, Adelphi, «Opere di Friedrich Nietzsche».

Rabkin Eric S. (1983), Martin H. Greenberg e Joseph D. Olander (eds.), No Place Else: Explorations in Utopian and Dystopian Fiction, Carbondale, Edwardsville, Southern Illinois University Press.

Note

  1. «Dammit, we’re living in the year 1970, the science fiction is out there, one doesn’t have to write it any more. One’s living science fiction. All our lives are being invaded by science, technology and their applications. So I believe the only important fiction being written now is science fiction. This is the literature of the 20th century» (Ballard 1970: 26).
  2. Tutte le citazioni dal romanzo sono tratte dall’edizione Harper Perennial del 2004.
  3. Per approfondimenti, cfr. l’intervista dal titolo «Age of Unreason» rilasciata da J. G. Ballard a Jeannette Baxter su The Guardian il 22 giugno 2004.
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